Da quando le quotazioni del Bitcoin hanno raggiunto livelli stratosferici, inimmaginabili fino a qualche anno fa, buona parte di investitori e analisti hanno cominciato ad affibbiare alla criptovaluta una funzione che per tanti anni è stata riservata all'oro, ossia quella di bene rifugio. Infatti ormai essa viene definita nel gergo finanziario "oro digitale".
Se Bitcoin sarà alternativo o sostitutivo del metallo giallo in questa veste, non è ancora dato di saperlo. Di certo secondo molti sarà in grado di proteggere i portafogli dal rischio inflazionistico come ha fatto il Gold per tanti anni, nonché a fornire un paracadute in caso di crisi finanziarie.
In verità, tarando un pò tutto il discorso dall'entusiasmo generale, si evince che la volatilità che può essere ascritta alle quotazioni di Bitcoin fa sollevare più di un dubbio circa il ruolo protezionistico della valuta digitale. Però un punto che sicuramente accomuna oro e Bitcoin è la capacità inquinante di tutta l'attività estrattiva. Vediamo insieme come.
Oro vs Bitcoin: chi inquina di più?
Sull'emissione di CO2 che viene generata dal mining di entrambe le risorse si sono concentrati i più grandi studiosi di tutto il Mondo e la conclusione che ne hanno tratto è che l'ambiente risulta essere seriamente in pericolo.
In particolare vi è uno studio di Max Krause e Thabet Tolaymat, che ha misurato quanta energia serve per estrarre l'equivalente di un dollaro. Ebbene i risultati sono sorprendenti perché estrarre, lavorare e raffinare un metallo prezioso come l'oro significa un dispendio energetico di circa 1,4 kWh, mentre ricavare Bitcoin dalla blockchain equivale a un consumo energetico di 4,72 kWh, ovverosia più del triplo.
Questo significa che decine di milioni di tonnellate di anidride solforosa verranno sprigionate nell'atmosfera. Uno studio dell'Università di Monaco coordinato dal ricercatore Christian Stoll ha stimato relativamente alla criptovaluta un'emissione di circa 22 milioni di tonnellate di carbonio all'anno. Quanto all'oro esistono altri working paper che dimostrano che la quantità massima di CO2 emesso arriva a 19 milioni di tonnellate.
In questo contesto però bisogna valutare che il processo di lavorazione del metallo giallo, dalla fase estrattiva fino alla bonifica dei terreni scavati, produce emissioni di mercurio e cianuro che sono letali per tutte le forme di vita delle aree circostanti (link). Il problema legato a Bitcoin invece è che il fabbisogno energetico per estrarre la currency è sempre maggiore nel tempo, perché i calcoli matematici associati alla blockchain sono via via più complessi e quindi richiedono una capacità di calcolo superiore.
In questo caso è importante anche sottolineare che l'attività di mining diverge da Paese a Paese. Il principale luogo dove essa viene esercitata è la Cina per effetto del basso costo dell'energia, ciò significa che il Dragone è la Nazione più inquinante del pianeta.
Tuttavia, il Bitcoin è più letale per l'ambiente rispetto all'oro nella fase di estrazione, ma non in quella della circolazione. Una moneta digitale si scambia con facilità e non ha bisogno di essere lavorata. Al contrario il metallo giallo invece richiede un processo di lavorazione e il trasporto dei materiali, che contribuiscono a incrementare la quantità di sostanze tossiche nell'aria.
Oro vs Bitcoin: conlusioni
Tutto questo cosa significa in poche parole, la catastrofe ecologica? Di sicuro è un problema che le istituzioni di tutto il Mondo devono prima o poi affrontare per essere coerenti con l'indirizzo green che vogliono imprimere all'economia globale.
Al momento l'unica soluzione che idealmente si potrebbe attuare è quella di limitare la produzione, con le ovvie conseguenze di far diventare ancora più rara una risorsa e farne accrescere i prezzi sul mercato. Ma probabilmente intervenire in una direzione, lasciando inalterato tutto il resto che va a destabilizzare l'equilibrio ambientale sembra poco sensato, per questo è un processo questo che per essere attuato richiede volontà, organizzazione e soprattutto tempistiche non brevi.