Il gigantesco pacchetto statunitense da 1,9 miliardi proposto da Joe Biden sta per vedere la luce, dopo l'approvazione al Senato. La misura ora torna alla Camera per la votazione e già la prossima settimana potrebbe diventare legge. Si tratta di un piano anti pandemico di portata storica che mira a riproiettare l'economia americana a sfavillare come prima dell'avvento del Covid-19.
Le risorse messe a disposizione dall'Amministrazione USA sono imponenti e in molti sono a chiedersi come verranno finanziate. A tale proposito negli ultimi tempi ha preso sempre più forma una proposta di cui si discute da un po': tassare le transazioni finanziarie a Wall Street. Il tema è tornato d'attualità anche in virtù delle vicende che hanno interessato il trading forsennato delle azioni di GameStop e di tutte le società coinvolte nel fenomeno dello short squeeze.
Uno dei più agguerriti sostenitori di questa idea è stato sempre il senatore dei Democratici Vermont Bernie Sanders, ma non ha mai trovato grande sostegno da parte della maggioranza del Congresso, che era a trazione repubblicana. Ora la sinistra americana ha i numeri per attuare un progetto tanto caro e la discussione nelle aule del Parlamento USA potrebbe presto diventare incandescente.
Tassa transazioni finanziarie: ecco perché adottarla
A portare avanti le idee di sponda democratica vi è anche Antonio Wess, che era funzionario del Dipartimento del Tesoro durante l'Amministrazione Obama. Secondo l'economista statunitense andrebbe applicata una tassa dello 0,1% sulle negoziazioni di azioni, obbligazioni e derivati in un periodo pluriennale. In base ai calcoli dei consulenti di politica fiscale, questo apporterebbe un introito monetario di circa 60 miliardi l'anno.
Wess è spalleggiato oltre che da molti parlamentari di matrice democratica, anche da diversi esponenti esperti del ramo economico-fiscale, come Steven Rosenthal, senior fellow presso l'Urban-Brookings Tax Policy Center, il quale ha affermato che le tasse sulle transazioni finanziarie ricadono in modo schiacciante sui ricchi.
Inoltre, questa non sarebbe la prima volta che il Congresso USA decide di penalizzare fiscalmente lo scambio di azioni. Dal 1914 al 1965 il Governo americano fece una cosa simile. E anche Paesi come Francia, Singapore, Corea del Sud e Regno Unito hanno già adottato un'imposizione di tale natura. Il mese scorso, Hong Kong ha aumentato l'imposta di bollo dallo 0,1% allo 0,13%, con lo scopo di far fronte al deficit di bilancio che ormai stava per andare fuori controllo.
Tassa transazioni finanziarie: operazione piena di ostacoli
Tuttavia, nonostante la maggioranza in Parlamento, la strada per una tassazione delle transazioni finanziarie sarà tutta in salita per i Democratici e, secondo gli esperti, le possibilità di successo sono davvero minime. Le resistenze non arrivano soltanto dall'opposizione repubblicana, ma anche dall'interno della stessa coalizione che sostiene Joe Biden. La Casa Bianca non aveva in programma di tassare Wall Street, semmai di rilanciare la tassazione delle imprese che era stata notevolmente ammorbidita durante l'Amministrazione Trump.
In questo Biden troverebbe un ampio appoggio a livello parlamentare, mentre quello di imporre una tassa sulla finanza potrebbe essere un tentativo diretto verso un campo minato. Di certo un'opposizione frontale arriverebbe dal Segretario al Tesoro, Janet Yellen, la quale il mese scorso a precisa domanda ha ribadito che un tale provvedimento scoraggerebbe la speculazione, ma avrebbe anche impatti negativi per il mercato statunitense.
All'interno del palazzo di Wall Street è ferma poi la convinzione che i mercati dei capitali statunitensi diverrebbero meno competitivi e ciò spingerebbe i grossi investitori a spostare i capitali verso altre Piazze finanziarie. Alcuni ritengono inoltre che gli intermediari trasferirebbero il costo della tassa ai clienti, penalizzando alla fine i piccoli investitori. Questi ultimi sarebbero eccessivamente svantaggiati anche dai fondi comuni d'investimenti, i quali subirebbero l'imposta ogni volta che devono effettuare le operazioni di riequilibrio di portafoglio.
Secco è il commento di Kenneth E. Bentsen Jr., presidente di Securities Industry and Financial Markets Association, che ha sostenuto in un'intervista che, come è sempre avvenuto in passato, un tentativo di questo tipo non solo non ha mai aumentato le entrate per come si sperava, ma ha avuto come unico effetto quello di ridurre la liquidità nel mercato.