L'avidità sta superando di gran lunga la paura a Wall Street. Ad affermarlo è l'Amministratore Delegato di Goldman Sachs, David Solomon, in un'intervista al Bloomberg New Economy Forum di Singapore. A suo giudizio questo è uno di quei periodi in cui gli investitori hanno una propensione al rischio eccessiva, ma questa fase non durerà a lungo, perché prima o poi avverrà qualcosa che riequilibra tutto come è sempre accaduto in situazioni del genere.
I mercati sono stati sostenuti dall'enorme stimolo della Federal Reserve, ma secondo Solomon i tassi saliranno e se ciò avviene l'esuberanza di alcuni mercati tenderà a sgonfiarsi. Insomma, stando alle dichiarazioni del CEO della banca d'affari, sembra che le azioni siano nel pieno di una bolla che presto o tardi scoppierà e questo non è molto incoraggiante per gli investitori.
Goldman Sachs: transizione green fondamentale
Solomon ha anche parlato del tema del cambiamento climatico. Il 59enne di Hartsdale, New York, reputa la transizione green come estremamente importante che però richiederà tempo. Goldman Sachs è stata uno dei firmatari della Glasgow Financial Alliance for Net Zero, con l'obiettivo della decarbonizzazione totale entro il 2050.
In verità intorno alla questione vi è molto scetticismo, in quanto sono diversi gli osservatori che nutrono forti dubbi che la finanza possa smarcarsi definitivamente dalle società che inquinano, attraverso ad esempio l'annullamento di partnership e finanziamenti. La stessa banca d'affari ha in precedenza affermato che non è possibile staccarsi brutalmente dall'industria dei combustibili, perché ciò porterebbe a una destabilizzazione del sistema finanziario, quindi è necessario che il processo avvenga con molta gradualità.
Goldman Sachs: apertura al mercato cinese
Le difficoltà di investire in Cina sono molte in questo periodo, in quanto sono veramente pochi i settori che sfuggono alla repressione ad ampio raggio esercitata dal Governo centrale per il raggiungimento degli obiettivi di prosperità comune. Pertanto grandi investitori stranieri, come George Soros ad esempio, si stanno guardando bene dall'impiegare capitali in territorio cinese e anzi mettono in guardia gli altri dal farlo.
Goldman Sachs invece è in prima linea per ottenere una maggiore apertura del mercato del Paese. La banca ha in programma di raddoppiare il personale in Cina a 600 unità e di aumentare la gestione patrimoniale. Al momento sono circa 300 i dipendenti onshore e solo quest'anno ne sono stati aggiunti 116.
Il problema potrebbe venire dagli Stati Uniti, dove alcuni esponenti governativi e parlamentari hanno sollevato questioni ed esercitato dubbi sugli investimenti nel Dragone. Solomon però ribadisce che non c'è alcuna pressione diretta da parte delle alte cariche dello Stato americano per limitare i piani della banca in Cina, la quale anzi vorrebbe far crescere i suoi mercati dei capitali, favorendo le attività di quotazione a Hong Kong e onshore.
Al riguardo il Vicepresidente della Repubblica Popolare cinese Wang Qishan, presente al forum, ha detto che la Cina e il resto del mondo debbano lavorare insieme affinché venga stimolata la crescita economica globale. Per fare questo Pechino si aprirà maggiormente agli investimenti stranieri in un contesto in cui tutti i Paesi stanno alzando le barriere preoccupati per la sicurezza nazionale.