Le Borse mondiali negli ultimi tempi sembrano essersi immunizzate di fronte ai numerosi pericoli che incombono sull'attività economia globale. La quarta ondata del Covid-19 minaccia seriamente nuove chiusure e già qualcosa si sta vedendo: in Austria ad esempio è stato istituito un lockdown per i non vaccinati.
Se il tasso di infezione procede a questo ritmo, blocchi mirati saranno inevitabili in concomitanza con le festività natalizie, mettendo a rischio il fatturato delle aziende che proprio in questo scorcio dell'anno vedono i maggiori introiti.
Allo stesso tempo vi è l'inflazione che cresce in maniera preoccupante. Gli Stati Uniti hanno visto il più rapido aumento degli ultimi 3 decenni e a questo punto secondo molti la Federal Reserve non può più temporeggiare ignorando una stretta sui tassi.
Morgan Stanley: no USA, sì Europa e Giappone
Tutto questo è materiale sufficiente per un'ampia correzione, che secondo Morgan Stanley avverrà nel 2022. Gli strateghi della banca d'affari americana consigliano di stare lontani da azioni e obbligazioni americane, in quanto il supporto monetario verrà meno e le valutazioni di mercato sono eccessive in questo frangente.
Mentre giudicano più attraenti le Borse europee e giapponesi, dal momento che le pressioni inflazionistiche sono inferiori e le rispettive Banche centrali continueranno nella loro politica accomodante.
Gli analisti vedono l'indice S&P 500 a 4.400 punti nel 2022, ovvero circa il 6% in meno rispetto all'ultima chiusura settimanale a 4.682,85. I rendimenti dei T-Note a 10 anni invece dovrebbero salire fino al 2,10% dall'1,55% attuale.
Quanto all'inflazione, Morgan Stanley scrive che i prezzi raggiungeranno il picco in questo trimestre, mentre tenderanno ad affievolirsi il prossimo anno a fronte di una crescita del PIL USA al 4,6%, con la domanda e gli investimenti che rimarranno alti. Al riguardo la Fed non toccherà il costo del denaro fino al 2023. Ciò mitigherà la politica restrittiva sul piano d'acquisto dei titoli di Stato e dei mutui ipotecari che dovrebbe concludersi a metà del prossimo anno.
Il ritardo nel rialzo dei tassi impatterà sul dollaro USA indebolendolo. Tuttavia, la banca consiglia di non investire nei mercati emergenti fino a quando la valuta americana non perde realmente valore. Semmai suggerisce di puntare su Dollaro canadese e Corona norvegese per sfruttare gli alti livelli del petrolio. Riguardo le materie prime, Morgan Stanley predilige proprio il greggio rispetto all'oro, che a suo giudizio affronterà in futuro una prospettiva difficile.
Morgan Stanley: economisti in contrasto con il CEO su previsioni
Gli economisti di Morgan Stanley sembrano in contrasto con quanto dichiarato il mese scorso dall'Amministratore Delegato della Banca, James Gorman, il quale ritiene che la Fed dovrebbe già iniziare a muoversi nel primo trimestre del 2022 sul fronte tassi, poiché a suo avviso il denaro è troppo libero e disponibile in questo momento.
In passato altre volte vi sono state divergenze di vedute tra il CEO aziendale e gli economisti dell'istituto finanziario. Ad esempio a maggio Gorman aveva previsto il tapering della Banca Centrale USA alla fine di quest'anno, mentre gli strategist stimavano la riduzione del piano di acquisti ad aprile del 2022.
Andando ancora più indietro nel tempo, nel 2015 il numero uno di Morgan Stanley aveva pronosticato un aumento del costo dei prestiti entro l'anno, come poi è avvenuto, mentre gli economisti erano convinti che la Fed avrebbe aspettato il 2016. Alla fine si può dire che ha sempre avuto ragione lui.