I mercati azionari sono stati influenzati dalla volatilità e dalla paura. Gli indici europei sono stati tuttavia in grado di rimbalzare del 2%/3%, mentre l'S&P 500 ha lasciato sul terreno il 3% circa a causa di una chiusura neghativa nell'ultima giornata dell'ottava.
Difficilmente possiamo dire che i minimi di periodo sono stati raggiunti, forse nel breve termine in caso di accordo tra Russia e Ucraina. Tuttavia la situazione è molto più complessa e articolata e, in teoria, ancor più pericolosa in caso di allargamento del conflitto alle Nazioni limitrofe. Nel medio e lungo periodo, i mercati azionari saranno condizionati da una recessione se Mosca decidesse di interrompere le forniture di materie prime all'Europa.
Materie prime: spettro stagflazione aleggia in Europa
Nella settimana appena conclusa, il mercato delle materie prime è rimasto al centro dell'attenzione, in quanto direttamente coinvolto come arma di una guerra ibrida. Il petrolio Brent oscilla con percentuali assurde, chiudendo la settimana correggendo pesantemente a 112 dollari al barile.
L'oro ha invece superato i 2.000 dollari l'oncia, ma ha chiuso sotto i 1.992 dollari. L'indice CRB delle commodities si posiziona in zona 300 punti, valori impensabili fino a qualche ottava fa anche in presenza di inflazione conclamata.
Gli europei saranno diretti verso un periodo di austerità e ripensamento delle proprie intenzioni di spesa. In Italia ad esempio, il prezzo della benzina e quello di pane e pasta iniziano a pesare troppo sui bilanci familiari, così come l'energia elettrica e i metalli impattano sulle aziende. Lo spettro della stagflazione aleggia sul Vecchio Continente.
Mercato obbligazionario: investitori alla ricerca degli asset rifugio
Per il mercato obbligazionario, la settimana si è chiusa all'insegna di decisi movimenti frutto della ricerca degli asset rifugio. Sia il BTp che il T-bond USA a 10 anni vedono rendimenti tornare verso il 2% dopo la discesa importante dei corsi dei bond.
Le Banche centrali sono tornate protagoniste e parte attiva nel tentativo di mitigare l'inflazione a prescindere dalle vicende belliche che sembravano affievolire la volontà di modificare le politiche monetarie in senso restrittivo (leggi aumento dei tassi di interesse).
Alla BCE e alla Fed attende un compito delicato: aumentare il costo del denaro per frenare l'indice dei prezzi al consumo ma nei modi, tempi e misure tali da non soffocare la crescita presente e futura.
Forex: impostazione dollaro USA resta rialzista
Il cambio EUR/USD chiude la settimana confermando la forza del biglietto verde, con una chiusura a 1,09 senza troppe variazioni sulla settimana precedente. I futuri aumenti dei tassi della Fed sono già programmati e le paure di un inasprimento del confronto militare in atto alimentano la forza del dollari.
Solo le settimane future potranno dare indicazioni di segno opposto, per ora bisogna seguire il trend che indica: long sul dollaro americano.
Franco Bandelli - www.finanzairriverente.com