La Banca Centrale di Turchia è intervenuta ancora sul mercato valutario per frenare il tracollo della Lira turca, dopo che lo aveva fatto per la prima volta dopo 7 anni nella giornata di mercoledì 1° dicembre. Due giorni fa all'annuncio la valuta di Ankara aveva fatto un balzo dell'8% sul Dollaro USA, salvo poi ritirarsi bruscamente annullando i guadagni. Stavolta il rialzo è stato intorno al 2% dopo la dichiarazione, ma con lo stesso esito dell'altra volta.
La mossa del Governatore Sahap Kavcioglu arriva dopo che i dati sull'inflazione di stamane hanno segnato un aumento dei prezzi del 20,7% nel mese di novembre, come mai era accaduto da 3 anni a questa parte, e a un livello superiore di 4 volte il target dell'istituto centrale.
Lira turca: ulteriori nubi all'orizzonte
Il secondo intervento sul mercato monetario della settimana non ha avuto l'esito sperato, per il semplice fatto che il tentativo è quello di mettere una pezza alla situazione senza un cambiamento strutturale nella politica monetaria. La Lira quest'anno è scesa del 45% sul biglietto verde e l'umore degli investitori è nero per l'ostinazione con cui l'stituto monetario, ispirato da Tayyip Erdogan, ha deciso di intervenire sui tassi d'interesse.
Anzi, il Presidente turco nei giorni scorsi ha ribadito che il costo del denaro sarà continuamente abbassato fino alle elezioni del 2023. Per la verità Kavcioglu aveva affermato ieri che valuterà l'impatto del suo attuale ciclo di allentamento dei tassi di interesse nella prima metà del 2022 e questo è in contrasto con quanto asserito da Erdogan.
Da settembre, quando il tasso di riferimento dei pronti contro termine è stato tagliato di 4 punti percentuali al 15%, sono piovute critiche da parte di investitori e analisti che hanno reputato tale atteggiamento irresponsabile di fronte a un'inflazione che cresce a ritmo forsennato. La situazione è diventata ancora più tesa allorché nella giornata di ieri Erdogan ha rimpiazzato il Ministro delle Finanze Lutfi Elvan, in disaccordo con le sue idee sull'inflazione, con Nureddin Nebati, uomo di sua fiducia e sostenitore della politica monetaria di tassi bassi.
I rendimenti reali ora sono finiti ancora più in territorio negativo e questo allontana ulteriormente gli investimenti stranieri di cui la Turchia è dipendente. Le mosse di Erdogan però mirano a stabilire un altro status per il Paese, dove vi è un affrancamento dai capitali stranieri e un rilancio dell'economia domestica.
Turchia: Fitch peggiora il rating sul credito sovrano
Intanto l'agenzia di rating Fitch ha portato a negativo l'outlook sul credito sovrano della Turchia, a causa del deterioramento della fiducia interna scaturito dall'allentamento monetario prematuro della Banca Centrale. Nel rapporto, il valutatore del credito ha scritto che tale deterioramento è il riflesso dell'indebolimento della valuta che crea rischi per la stabilità economica e finanziaria. A questo riguardo il rating della Turchia è di BB-, ben 3 tacche sotto il livello di investment grade, sullo stesso piano di Paesi come Brasile e Sudafrica.
Gli analisti si chiedono cosa potrà mai far cambiare idea a Erdogan dal perseverare coriaceo in una politica ritenuta suicida. Secondo Henrik Guilberg, strategist di Coex Partners, l'unico modo per capovolgere questo stato di cose è un aumento aggressivo dei tassi fino a quando l'inflazione non imbocca una traiettoria discendente.
Ziad Daoud, capo economista dei mercati emergenti, ritiene che per poter stabilizzare la Lira occorra un incremento del costo del denaro almeno del 7%-8%, ma ciò non toglie un inasprimento ancora più deciso se l'inflazione continua a correre.
Opinioni queste condivise anche da Ehsan Khoman, capo delle ricerche sui mercati emergenti presso la MUFG Bank di Dubai. L'esperto considera le prospettive di inflazione più impegnative rispetto alle ultime previsioni della Banca Centrale, per via dell'impatto crescente di una Lira estremamente indebolita.