Mentre i siti online vengono popolati di foto relative a immensi grattacieli cinesi vuoti all’interno di città altrettante vuote, remake di quello che già avevamo visto poco più di una decina di anni fa con lo scoppio della bolla dei mutui sub-prime USA, Governo e Banca centrale cinese si muovono per arginare gli effetti collaterali del crack Evergrande.
Seppur per il momento dirottato sul mondo offshore, il default del colosso cinese del real estate costringe Pechino ad uscire allo scoperto e questo potrebbe avere conseguenze sulle valutazioni del Renmimbi. I debiti di Evergrande rappresentano circa il 6,5% delle passività totali del mercato immobiliare cinese e circa il 9% del finanziamento totale del mercato obbligazionario offshore cinese.
Questi i numeri di un colosso che non sarà però una nuova Lehman per il semplice fatto che Evergrande non ha mai prodotto derivati e non è mai stata controparte di altri istituti bancari in operazioni finanziarie con ramificazione nell’intero sistema creditizio. I 305 miliardi di dollari di debito della società rimangono sempre lì a minacciare il mondo immobiliare cinese.
La Pboc, la banca centrale cinese, non ha indugiato oltre iniettando nei giorni scorsi diversi miliardi di dollari di liquidità nel sistema bancario con operazioni di reverse repo. Mossa che si aggiunge a manovre di entità più modesta attuate già la scorsa settimana. La volontà molto ferma e decisa di Pechino è evidentemente quella di non lasciar partire un effetto contagio.
Tutto questo però ha un costo e osservando il grafico di UsdCny potrei anche cominciare a sospettare chi lo pagherà. Il cambio nel corso del 2021 ha toccato in pieno la trendline rialzista di lungo periodo che nasce nel 2014 e prosegue con il minimo del 2018. Questo terzo test sotto 6.40 ha favorito un rimbalzo poco sopra 6.50 e nulla più. Questo è il livello che andrò a monitorare nelle prossime settimane. Superare questa resistenza formalizzerebbe infatti il completamento di un testa e spalla rialzista e allo stesso tempo bucherebbe verso l’alto la media mobile a 200 giorni che ad aprile e luglio ha contenuto il vigore del Cny.
La mia aspettativa a questo punto è un inevitabile passaggio in modalità ultra easing da parte della Cina in termini di politica monetaria. Se anche l’inflazione dovesse alzare la testa per un po’ il governo cinese non potrebbe stringere adesso i cordoni del credito rischiando di mettere un vero e proprio cappio al collo di molte società cinesi del mondo real estate in evidente difficoltà.
A questo aggiungo anche l’iniziale scetticismo con il quale i mercati potrebbero gestire le numerose obbligazioni in circolazione. Se i rimborsi cominciano a vedere una distinzione tra onshore e offshore (come pare andrà a finire) anche il premio al rischio richiesto dal mercato potrebbe cambiare.
L’alternativa è l’uscita temporanea da questi asset generosamente comprati dai gestori di mezzo mondo e di conseguenza la vendita di valuta cinese. Scenario che prenderà corpo però solo al superamento di 6.50 dove la dismissione rapida di asset obbligazionari cinesi sarà a mio modo di vedere opportuna.