Il cambiamento delle previsioni sui tassi d'interesse della Fed nella sua ultima riunione del 15 e 16 giugno (clicca qui per scoprire cosa ha detto Jerome Powell), ha rafforzato il dollaro USA. Il messaggio che è stato percepito dal mercato è che la Banca centrale americana sia pronta ad un doppio rialzo dei tassi d'interesse entro il 2023.
Su questo aspetto gli operatori dei mercati finanziari attendono infatti con ansia la pubblicazione delle Minute in agenda domani, grazie ai quali si potrà intuire di più sui piani dell’istituto centrale.
L'idea comunque che la Fed possa essere più aggressiva, con un occhio di riguardo rivolto all'inflazione, presumibilmente limiterà le vendite nei confronti della valuta USA. Tuttavia, secondo Kevin Thozet, membro del Comitato Investimenti di Carmignac, saranno diversi i fattori che potrebbero far proseguire la flessione del biglietto verde. Vediamoli.
Dollaro USA: la flessione potrebbe continuare
Il dollaro USA oggi si trova ad affrontare un numero crescente di fattori che potrebbero spingere la valuta oltre il punto critico. Pertanto, i movimenti delle ultime otto settimane meritano una certa attenzione. Tutti i paesi a livello globale non stanno uscendo dalla crisi sanitaria con le stesse dinamiche di crescita.
Il contesto di desincronizzazione della crescita globale è riconducibile alle forti disparità nelle modalità con cui i paesi hanno gestito la pandemia e all’eterogeneità delle misure adottate per rispondere alle ripercussioni economiche della crisi, spiega Thozet.
Negli Stati Uniti, i vari piani di sostegno e le campagne vaccinali hanno consentito una forte ripresa dell’economia. Diversi dati economici e le pubblicazioni dei risultati delle imprese ad oggi sembrano confermare questa tendenza. Inoltre, i 6.000 miliardi di dollari che il governo USA prevede di spendere nel 2022 lasciano presagire che l’economia continuerà a migliorare anche dopo l’anno del rimbalzo, spiega l’esperto di Carmignac.
Un tale fenomeno di forte crescita economica, in termini assoluti e rispetto al resto del mondo, dovrebbe essere accompagnato da una performance sostenuta della valuta statunitense; tuttavia – secondo Thozet - il dollaro ha ampiamente azzerato l’apprezzamento registrato nel primo trimestre. Questo apparente paradosso non dovrebbe sorprendere.
Dollaro USA: ecco i motivi che penalizzeranno il biglietto verde
Innanzitutto, il volume di spesa pubblica per sostenere l’economia statunitense e il conseguente indebitamento raggiungeranno livelli record. Questo è un primo aspetto penalizzante per il dollaro. Un altro è quello del finanziamento di una parte del budget statunitense attraverso aumenti delle tasse e delle imposte.
Ciò, secondo l’esperto di Carmignac, potrebbe mettere a dura prova l’attrattiva dei titoli azionari statunitensi, e quindi del dollaro. Inoltre, le misure di sostegno adottate negli Stati Uniti sostengono i consumi, e quindi l’inflazione, mentre i piani di stimolo in Cina e in Europa sostengono maggiormente la produzione.
Anche altri fattori potrebbero ridurre la domanda del dollaro nel medio termine. L’attuale eterogeneità dell’economia globale fa sì che le Banche Centrali, le cui decisioni puntano a regolare l’attività economica e l’aumento dei prezzi influenzando il livello dei tassi d’interesse, conducano politiche diverse.
Inoltre, a differenza di alcuni loro pari, le autorità monetarie statunitensi appaiono pazienti, persino attendiste, poiché ritengono che l’aumento dei prezzi sia solo transitorio e che non sia quindi necessario aumentare i tassi d’interesse a breve termine, spiega l’esperto.
Questa nuova modalità di reazione della Fed, che consiste nel lasciare correre l’inflazione prima di intervenire, ha anche un ulteriore impatto sul dollaro statunitense. Bisogna infatti tenere presente che l’inflazione erode il valore temporale di una valuta: con l’aumento dei prezzi, un dollaro non consente di acquistare domani gli stessi beni e servizi acquistati oggi.
L’atteggiamento della Fed solleva inoltre interrogativi riguardo alla sacrosanta indipendenza della Banca Centrale nei confronti del governo, dal momento che la Fed finanzierà una parte del budget record statunitense acquistando circa un quarto del debito emesso quest’anno. Questi dubbi sono alimentati anche dalla nomina al governo di Janet Yellen, ex presidente della Federal Reserve.
Le alternative al biglietto verde: ecco le aree più interessanti
Nonostante la fortissima ripresa economica negli Stati Uniti, alcune aree geografiche attraggono maggiormente gli investitori. L’Europa ha migliorato la propria attrattività ed offre inoltre opportunità di investimento in aziende particolarmente esposte alla ripresa nei settori dei consumi, del turismo, della finanza e delle materie prime.
Le società europee potrebbero continuare a beneficiare di dinamiche di crescita relativamente più favorevoli, dato che la ripresa economica nel vecchio continente è appena iniziata. L’Asia invece è la punta di diamante della quarta rivoluzione industriale. Inoltre il livello più elevato di alcuni tassi d’interesse in quest’area attrae gli investitori, favorendo le valute locali come lo yuan cinese.
Infine, secondo l’esperto, non si può escludere una ripresa delle valute dei paesi esportatori di materie prime, sostenuta da fondamentali solidi e da una gestione economica rigorosa, mentre i prezzi dei prodotti di base, così utili alla ripresa dell’attività economica, sono tornati ai livelli di cinque anni fa.