Il giro di vite impresso dalla Cina al mining di criptovalute a giugno non ha compromesso più di tanto la produzione globale. Anzi, ha aperto la strada affinché altri estrattori fuori da Pechino salissero alla ribalta prodigandosi a occupare il posto lasciato vacante.
Il Dragone finora è stato il più grande minatore mondiale di Bitcoin, con la metà della produzione complessiva, fino a quando una repressione feroce, dettata da ragioni ambientali e orientata al lancio di una valuta digitale domestica, ha raffreddato temporaneamente il mercato.
L'impatto ambientale dell'estrazione di Bitcoin è molto grave, dal momento che consuma circa lo 0,4% dell'energia mondiale, più di quanto facciano Paesi come Finlandia e Belgio, ad esempio. Alcuni miner cinesi sono riusciti a spostarsi nelle vicine Mongolia e Kazakistan, mentre altri non sono stati in grado di trasportare tutta l'attrezzatura necessaria. Altri ancora si sono riorganizzati attratti dal prezzo delle criptovalute che recentemente ha beneficiato di un rialzo.
L'attività mineraria in particolare sta gravitando verso Paesi che hanno fonti di energia rinnovabile importanti come la Norvegia e il Canada. Bisogna però tener conto del fatto che costruire le strutture in modo rapido non è una cosa semplice, per questo secondo gli esperti occorrerà almeno un anno per recuperare completamente il vuoto lasciato da Pechino.
Bitcoin: chi sono i beneficiari della repressione cinese
Nel frattempo però alcuni operatori hanno beneficiato della situazione. Uno di questi è la società di mining canadese Hut 8 Mining, che nel secondo trimestre ha guadagnato 19,3 milioni di dollari canadesi solo dall'estrazione di crypto, in crescita rispetto ai 697 mila dollari dello stesso periodo del 2020. Tutto ciò è stato reso possibile da un aumento del 40-50% in più della produzione di Bitcoin che ha portato a un autentico boom dei ricavi minerari: +241% su base annua.
Vantaggi cospicui sono stati ottenuti anche da Argo Blockchain, società di miner londinese. Nel primo semestre del 2021 l'azienda ha prodotto più monete senza aumentare il numero di macchine adoperate. Questo ha comportato un aumento del 180% dei ricavi, con un utile di 10,7 milioni di sterline, incrementato notevolmente rispetto a poco più di 523 mila dei primi 6 mesi dell'anno scorso.
Criptovalute: 4 fattori che spiegano i rialzi
I prezzi attuali delle criptovalute potrebbero attrarre altri operatori che stanno smaniando per spartirsi la torta. Prima di tutto però bisogna valutare se il valore delle monete digitali continuerà a marciare a questi ritmi. Per fare questo occorre analizzare i fattori che hanno riportato gli investitori a richiedere token digitali. Ve ne sono almeno 4.
Il primo risiede nell'atteggiamento di alcuni personaggi illustri che hanno gravitato intorno al mondo delle criptovalute, Elon Musk e Cathie Wood su tutti. Il numero uno di Tesla aveva scioccato il mercato a maggio di quest'anno quando annunciò che Tesla non avrebbe più accettato pagamenti in Bitcoin per via delle ripercussioni a livello climatico. A fine luglio vi è stata una svolta, ovvero il 50enne sudafricano ha affermato di possedere personalmente Bitcoin, Ethereum e Dogecoin augurandosi un successo di tutte le monete virtuali.
La stock picker di Wall Street ha mantenuto invece sempre una posizione coerente. Tre mesi aveva infatti dichiarato di vedere Bitcoin a 500.000 dollari, recentemente ha ribadito che le aziende dovrebbero tutte tenere in bilancio una quantità di criptovalute.
Il secondo fattore fa riferimento al tasso di hash, ovvero alla misura della potenza di calcolo utilizzata nell'estrazione e nell'elaborazione di criptovalute. Con la repressione cinese, in poche settimane questo valore si è dimezzato, ma adesso è rimbalzato energicamente grazie all'entrata sul mercato di nuovi competitori e al rafforzamento di quelli esistenti, generando in questo modo un sentiment di fiducia negli operatori.
Il terzo elemento riguarda l'appuntamento di Jackson Hole, dove i principali banchieri centrali del mondo si riuniscono annualmente per discutere sulla politica monetaria dei rispettivi istituti centrali. L'attesa è per quanto dirà Jerome Powell sul fronte tassi d'interesse. Aspettative di rialzo non fanno solitamente bene a Bitcoin e simili, ma il mercato si aspetta che su questo fronte il numero uno della Fed si mostri ancora molto accomodante.
Infine, un driver per i rialzi di queste settimane potrebbe essere l'interesse sempre più spiccato da parte degli istituzionali verso i token digitali. A luglio ha fatto scalpore l'annuncio di Amazon in cui il colosso e-commerce cercava un esperto di blockchain. Da quando il post è stato reso pubblico Bitcoin si è immediatamente impennato salendo oltre 40.000 dollari. Questo rende l'idea di quale effetto potrebbe avere un'entrata a mercato di un gigante di questa portata.
A metà agosto anche Walmart ha fatto sapere di cercare un responsabile per lo sviluppo della strategia di valuta digitale e per investimenti e partnership relativi alle criptovalute. Tutto ciò ha contribuito a spingere Bitcoin oltre 50.000 dollari e la corsa potrebbe non essere finita.