È difficile immaginare in questo momento di avere una visione positiva sulle criptovalute rispetto al petrolio. La materia prima ha il vento in poppa e si sta dirigendo verso una quotazione di 100 dollari al barile grazie a una pluralità di fattori che stanno facendo aumentare la domanda in maniera consistente.
A cominciare dalla crisi energetica esacerbata dal pericolo che la Russia invada l'Ucraina da un momento all'altro. Mosca è uno dei più grandi produttori ed esportatori di petrolio al mondo, quindi un conflitto potrebbe rallentare o in alcuni casi interrompere del tutto le forniture.
L'OPEC + ha deciso un aumento dell'output di 400 mila barili al giorno, ma ancora non si vede segnale di tutto questo e la convinzione generale è che tale cifra alla fine non verrà rispettata per una questione di conflitti all'interno dell'organizzazione. A tutto ciò si aggiunge anche il calo delle temperature in alcune zone degli Stati Uniti come il New Mexico che hanno fatto incrementare la domanda di energia in maniera insolita rispetto ad altri periodi più miti.
Dal canto loro le criptovalute stanno vivendo un periodo molto altalenante. A gennaio vi è stato un sell-off violento che ha fatto precipitare un token come Bitcoin ad esempio a meno della metà del record di 68.990 dollari raggiunto nel mese di novembre 2021. Anche qui le motivazioni sono diverse.
Innanzitutto vi è stato un notevole incremento della correlazione positiva con le azioni e in generale con gli assets a rischio rispetto al passato. Soprattutto le cripto hanno viaggiato sullo stesso binario dei titoli tecnologici, i quali hanno subito pesanti ribassi quest'anno per via delle prospettive di rialzo dei tassi della Federal Reserve.
Tutto ciò si unisce al rischio che le Autorità di tutto il mondo inizino a regolamentare il settore crittografico adoperando anche la mano pesante. La Cina ha completamente vietato l'utilizzo delle criptovalute a ogni livello: dal mining al trading, all'uso come mezzo di pagamento.
I Governi di Russia e India hanno già proposto una disciplina regolamentare e soprattutto una tassazione, tenendo a bada le rispettive Banche centrali che invece propenderebbero per il ban assoluto. E anche negli Stati Uniti si sta facendo strada l'ipotesi che quest'anno vi sia una convergenza tra Governo, Fed e Securities and Exchange Commission per stabilire delle regole rigide su tutto il settore.
Investimenti: meglio le criptovalute del petrolio?
Allora perché preferire criptovalute al petrolio in questo momento? La spiegazione viene data dall'analista e strategist delle materie prime di Bloomberg, Mike McGlove. Egli sostiene che le monete virtuali abbiano un vantaggio chiave rispetto all'oro nero dal punto di vista della domanda/offerta.
In buona sostanza, le dinamiche del greggio dipendono dalle richieste del mercato, in questo preciso momento alte ma che potrebbero cambiare. I prezzi quindi crescono fin quando si creano eccessi nel mercato, ma è tutto un ciclo perché le alte quotazioni spingono i produttori a pompare trovando il business redditizio. In questo modo le valutazioni del petrolio salgono ma a un certo punto diventano così alte che la domanda giocoforza si riduce riequilibrando tutto.
Le criptovalute sono molto meno agganciate a queste dinamiche della domanda e dell'offerta. Bitcoin ha una fornitura limitata a 21 milioni di token dal suo codice di estrazione, mentre Ether non ha limiti però gradualmente vengono distrutti più token di quanti ne vengono prodotti.
Nei prossimi anni quindi McGlove vede un surplus crescente nella produzione di petrolio, con la questioni geopolitiche riguardanti la Russia che potrebbero essere compensate dal fatto che i produttori americani sarebbero incoraggiati a offrire di più. Viceversa l'esperto ipotizza una tendenza deflazionistica nella fornitura delle 2 principali criptovalute che manterrà elevate le quotazioni.
Lo stratega sottolinea come la sottoperformance delle valute digitali sia temporanea, perché comunque Bitcoin ed Ethereum stanno precipitando in un mercato di lungo termine rialzista. Al contrario il petrolio sta rimbalzando in un mercato che nel 2008 aveva raggiunto quotazioni di 140 dollari, quindi in trend di lungo periodo ribassista.