Il 31 ottobre 2020 Bitcoin ha compiuto il suo dodicesimo compleanno dalla comparsa in una mailing list di crittografi, del white paper scritto dall’anonimo Satoshi Nakamoto. Dopo più di un decennio è giunto il momento di guadarsi alle spalle e di chiedersi quanto nel mondo attuale la criptovaluta stia dimostrando le caratteristiche che la contraddistinguono. Come sappiamo, una delle feature più interessanti di Bitcoin è senza dubbio la capacità di essere censorship resistant: grazie alla decentralizzazione del network, gli utenti hanno la possibilità di scambiarsi le monete senza l’autorizzazione di nessuno.
Bitcoin in Africa
Se da un lato, in paesi modernizzati e con più scelte dal punto di vista economico questo può sembrare banale, in realtà è uno degli aspetti che più si sta apprezzando in paesi più poveri e sottosviluppati. Per far parte del network Bitcoin tutto quello di cui si ha bisogno è una connessione internet e uno smartphone. L’apertura di un wallet è semplicissima e per utilizzare la criptovaluta non serve conoscere nei dettagli il funzionamento dal punto di vista tecnologico. Prendiamo ad esempio il continente Africano, con circa l’80% della popolazione ritenuta “unbancked” , ossia senza un conto bancario, e costretta a vivere sotto la soglia di povertà. Qui Bitcoin può avere un enorme impatto sia dal punto di vista economico che da quello sociale.
La criptovaluta permette di scambiarsi i soldi cross-border in maniera rapida, sicura e senza dover pagare tasse spropositate. Permette di creare un’economia in cui i soldi non sono confiscabili dal governo o dalla banca centrale di turno. Permette di avere un asset affidabile e sui partis in cui, anche se la moneta di stato si svaluta o entra in iperinflazione, le proprie riserve sono al sicuro e si apprezzano in periodi di crisi data la natura deflazionistica di un bene scarso. Dati questi presupposti, possiamo finalmente capire perché in paesi come la Nigeria, 1 persona su 3 conosce e possiede Bitcoin.
Bitcoin: tra retail, corporate e governament
Quello che stupisce ancora di più però è che la criptovaluta, oltre a migliorare l’aspetto retail, si sta imponendo anche dal punto di vista corporate e governament. Se le corporation stanno iniziando ad investire grosse somme nella criptovaluta come reserve currency, alcuni governi in giro per il mondo stanno pensando a Bitcoin come soluzione a problemi non banali.
Prendiamo l’esempio dell’Iran, una delle nazioni più ricche al mondo grazie al petrolio e al gas naturale ma che, sotto i duri colpi delle sanzioni americane, sta avendo enormi difficoltà nell’import-export. Dopo che nel 2018 gli USA sono usciti dall’accordo nucleare sono state introdotte delle sanzioni contro le 18 banche iraniane, compresa la CBI (Central Bank of Iran). Come è facile capire, detenere USD come riserva non è la mossa giusta per un paese che ha visto diminuire le riserve estere del 33% in poco più di due anni.
La soluzione? Dal 2019 l’Iran ha ufficialmente legalizzato l’estrazione di criptovalute avendo alcuni dei prezzi energetici più economici al mondo ed ora tutti i minatori dovranno vendere i Bitcoin estratti alla banca centrale (CBI). Questo perché, essendo una valuta internazionale non legata a nessuna giurisdizione e imparziale, Bitcoin rappresenta la soluzione per eccellenza per pagare le importazioni. In questo modo, lo stato iraniano sta raccogliendo denaro spendibile in tutto il mondo in modo da aggirare qualsiasi tipo di sanzioni internazionali.
Conclusione
Che vi piaccia o meno, le possibilità messe a disposizione dalla criptovaluta hanno come unico mantra quello della libertà. La rivoluzione di Bitcoin è più che mai in atto, gli use cases stanno nascendo e i popoli in giro per il mondo si stanno rendendo conto della potenza e della portata di questo protocollo. Il grande reset è qui sì, ma i tool per il grande restart anche.