Il passaggio di consegne tra Donald Trump a Joe Biden al vertice alla Casa Bianca non ha cambiato l'atteggiamento americano nei confronti delle big cinesi quotate a Wall Street. Se queste ultime non consentono alle Autorità di regolamentazione USA di accedere ai libri contabili rischiano l'espulsione dai listini borsistici statunitensi.
I nomi in ballo non sono di poco conto. Giganti della portata di Alibaba, Tencent, JD.com e Baidu potrebbero perdere un hub importante se si ostinano a mantenere il riserbo sugli audit finanziari, con riflessi che possono essere disastrosi per le quotazioni azionarie. La Borsa di New York infatti ha una liquidità e una base di investitori molto ampi, di conseguenza le aziende di tutto il Mondo hanno un accesso ai capitali che non avrebbero in altre Piazze finanziarie.
In questo i mercati cinesi, per quanto siano di grandi dimensioni, non possono paragonarsi a quelli della prima superpotenza mondiale. Essi infatti sono troppo vincolanti per le società che decidono di approdarvi, come dimostra ad esempio il numero di aziende che hanno ritirato le IPO quest'anno a seguito dei requisiti stringenti richiesti dalle Autorità di regolamentazione territoriali.
Senza contare il fatto che, fino a poco tempo fa, ad Hong Kong ad esempio veniva vietata la quotazione delle azioni in doppia classe, che consente ai creatori delle startup di mantenere il controllo delle società anche dopo che le stesse sono diventate pubbliche.
Delisting società cinesi: perché la minaccia USA potrebbe diventare concreta
Il tormento statunitense riflette il fatto che le aziende citate hanno il sostegno del Governo cinese e operano quindi in un sistema di mercato poco trasparente. Tutto quello che si chiede è, tra l'altro, di rivelare se siano o meno controllate da Pechino.
Da sempre la Cina si è rifiutata di consentire che le sue aziende potessero essere esaminate dal Consiglio di Sorveglianza USA della contabilità e la ragione richiama la legge di sicurezza nazionale che vieta la consegna della documentazione.
Ovviamente questo accende una spia molto fastidiosa all'interno delle Autorità americane, le quali sospettano che tale ambiguità possa nuocere alla sicurezza degli Stati Uniti, oltre a fornire un indubbio vantaggio competitivo alle società cinesi.
La paura del mercato è che il muro contro muro porti a un nulla di fatto. A quel punto si giocherà con la tempistica. Se il rifiuto sarà definitivo, in base alla Legge Trump le aziende del Dragone sarebbero cancellate da Wall Street dopo 3 anni consecutivi di inadempienza.
Trascorso questo termine, verrà data loro la possibilità di rientrare a condizione di aver ricevuto una certificazione della contabilità da parte di una società pubblica approvata dalla Security and Exchange Commission. Poco meno di una settimana fa, la SEC ha annunciato le modalità attraverso cui la Legge Trump dovrà essere applicata.
Delisting società cinesi: la risposta di Pechino
Come andrà a finire la faccenda? Al di là del fatto che alcune aziende come Alibaba hanno segnalato che i loro libri contabili sono verificati da una importante società di revisione seguendo gli standard USA, il problema vero parte dai vertici dello Stato cinese. Alcune società effettivamente sono ad ampia partecipazione statale e Pechino non ha alcuna intenzione di scoprire le carte.
Sulla questione si è espresso il portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying che ha affermato testualmente che la Cina si oppone con decisione alla politicizzazione della regolamentazione. A questa si è aggiunta la posizione della China Securities Regulatory Commission, che ha parlato di perdita di fiducia degli investitori nei mercati americani.
Insomma, il clima non sembra essere ideale per trovare un compromesso e le minacce velate di ritorsione espresse dall'ex-Impero Celeste a più riprese non promettono nulla di buono.