Il caso Von der Leyen ha scatenato una questione che ha coinvolto anche l'Italia. La presa di posizione del premier Mario Draghi, il quale ha definito Erdogan un dittatore verso cui bisogna adottare misure rigide, non è andata giù alla diplomazia turca.
All'interno del Governo di Ankara, il Ministro dell'Industria Mustafa Varank, ha replicato sottolineando che l'Italia ha avuto il fascismo e per questo non può dare alcuna lezione di democrazia a nessuno. Adesso dalla sponda turca si aspettano delle scuse ufficiali dal nostro Presidente del Consiglio, che non sembra intenzionato a fornire.
La tensione è altissima e potrebbe seriamente compromettere i rapporti d'affari che vi sono tra i due Paesi, i quali lo stesso Draghi ha ribadito che necessitano di una cooperazione. Anche perché l'ex numero uno della BCE sa bene quanto importante sia che il commercio tra Italia e Turchia, quantificabile in 10 miliardi di euro, vada avanti.
Guerra Turchia-Italia: le ritorsioni di Istanbul
Cosa potrà succedere adesso? Le schermaglie verbali tra i leader delle due Nazioni hanno già trovato manifestazione concreta. La Turchia ha sospeso l'acquisizione di 10 elicotteri di addestramento AW169 della nostra Leonardo, che costerà all'eccellenza italiana più di 70 milioni di euro.
Questa è solo la prima delle ritorsioni messe in atto da Istanbul. Ulteriori minacce sono già state indirizzate verso altre importanti società private e una di queste potrebbe essere Ansaldo, che è attiva in Turchia nella gestione di una montagna di debiti della centrale elettrica di Gebze, che si trova nella zona industriale della capitale turca.
Questi segnali lanciano un messaggio ben preciso: o la crisi rientra o gli affari in corso tra Italia e Turchia rischiano di naufragare. Adesso il nodo da sciogliere è molto intricato, perché la risoluzione di un incidente diplomatico rischierebbe di alimentarne un altro in seno all'Unione Europea. Più precisamente, come verrebbe visto da Bruxelles un dietrofront di Draghi dopo essersi esposto in difesa della Presidente della Commissione Europea?
Guerra Turchia-Italia: quali azioni quotate sarebbero coinvolte
Per risolvere questo problema è necessario un calcolo di convenienza economica. La Turchia rappresenta il 12° mercato più importante per le aziende italiane che esportano all'estero ed è il primo in assoluto nell'area del Medio Oriente. In totale il 4,4% dell'export complessivo passa da Istanbul.
Tra i settori che verrebbero maggiormente colpiti vi sono in ordine: meccanica strumentale per il 25%, mezzi di trasporto per il 10%, chimica, metalli ed estrattiva per il 9% cadauno, e i comparti della gomma e della plastica per l'8%. Oltre le aziende su citate, altre società quotate in Borsa hanno una presenza rilevante, tra cui Prysmian, Pirelli, Recordati, EssilorLuxottica, Astaldi, ENI.
Anche il settore finanziario è coinvolto. Dalle ultime rilevazioni della Banca d'Italia, al 30 settembre 2020 l'esposizione degli istituti di credito italiani verso la Turchia era superiore ai 5,8 miliardi di euro. Valore che è diminuito nel tempo, basti pensare che a fine 2019 ammontava a 7,6 miliardi, ma che è ancora molto rilevante.
Tra le banche maggiormente interessate vi sono le prime della classe, ossia Intesa Sanpaolo e UniCredit. La speranza è che un incidente diplomatico non determini alla fine una tale instabilità da generare una crisi finanziaria a livello sistemico.