Telecom Italia Spa è un'azienda di telecomunicazioni operativa sia in Italia che all'estero nel campo della telefonia fissa, mobile e pubblica, di internet e della tv via cavo. Oggi rappresenta il 7° gruppo italiano per volume d'affari ed è tra i primi 500 a livello mondiale. Dal 12 gennaio 2016 utilizza il marchio TIM, per questo viene denominata anche TIM Spa.
Telecom Italia: le origini
Telecom Italia nacque il 27 luglio 1994 a seguito della fusione di società che già operavano nel campo delle telecomunicazioni, quali SIP e Iritel, Telespazio, Italcable e SIRM, che facevano parte del gruppo STET. L'aggregazione fu figlia del piano di riassetto del settore presentata dall'IRI al Ministero del Tesoro il 30 giugno 1993.
Nel 1995 venne creata TIM (Telecom Italia Mobile) dalla scissione parziale del gruppo, che venne controllata da STET per il 63%. Due anni più tardi STET e Telecom Italia si integrarono e diedero vita a Telecom Italia.
Telecom Italia: la privatizzazione e la scalata Olivetti
Il 20 ottobre 1997 il Governo italiano allora guidato da Romano Prodi decise di uscire quasi totalmente dal capitale di Telecom vendendo il 35,26% del pacchetto azionario e attuando la privatizzazione dell'azienda. Le azioni vennero collocate sul mercato tramite un'Offerta Pubblica di Vendita a un prezzo di 10.902 lire. Una settimana dopo Telecom Italia fu quotata ufficialmente alla Borsa di Milano.
Nel febbraio del 1999 il gruppo Olivetti, che era già attivo nel campo delle telecomunicazioni attraverso Omnitel e Infostrada, lanciò un'OPAS per mezzo della controllata Tecnost di Roberto Colaninno. Il Tesoro manteneva il 3,5% della quota e poteva esercitare il diritto di veto per la scalata ostile attraverso la Golden Share. Cosa che però non avvenne. L'operazione andò a buon fine e, tra le polemiche, Olivetti controllava Telecom con il 51% delle quote.
Telecom Italia: l'avvento del duo Benetton-Tronchetti Provera
Il controllo di Telecom da parte del gruppo Olivetti durò poco. Nel 2001, Pirelli guidata da Marco Tronchetti Provera ed Edizioni Holding della famiglia Benetton entrarono nella compagine azionaria acquistando il 23% della quota di Olivetti pagandola 4,175 per azione, molto di più del prezzo di mercato che era di 2,25 euro. L'operazione fu giustificata dal fatto che un'OPA sarebbe costata molto di più.
La direzione del gruppo fu affidata allo stesso Provera e la sede fu spostata da Torino a Milano. Nel 2003 avvenne un fatto che scatenò molte critiche: la fusione tra Olivetti e Telecom Italia. Questo perché permise a Colaninno e soci di scaricare i debiti degli azionisti sul gruppo. Così Telecom si vide aumentare l'indebitamento netto d 15 miliardi di euro.
Questo comportò che l'azienda dovette dismettere una grande quantità di immobili e partecipazioni estere strategiche, ridimensionandosi sul mercato internazionale. Il tentativo di ridurre il debito però risultò vano allorché nel 2005 Telecom Italia lanciò un'OPA sulla controllata TIM per acquisire il pacchetto completo. L''operazione, finanziata da un gruppo di banche con in testa Banca Intesa, ebbe come effetto una crescita del debito del 50% e di conseguenza la riduzione del rating da parte dell'Agenzia FItch da A- a BBB+.
Telecom Italia: riorganizzazione aziendale e patto di controllo
L'elevato debito era un problema molto serio che doveva essere affrontato dalla società. Si parlò di cedere TIM all'estero per risanare il bilancio, ma in questo modo si privava l'azienda di un importante asset nel campo della telefonia mobile, andando in controtendenza con gli obiettivi aziendali della convergenza con quella fissa.
L'11 settembre del 2006 però si decise una riorganizzazione in quattro settori: telefonia fissa in mano a Telecom Italia, telefonia mobile gestita da TIM, rete telefonica da Telecom Italia Rete e Tin.it internet e media da Telecom Italia Net.
Il 15 settembre 2006 fu annunciato lo scorporo da TIM, cosa che comportò le dimissioni di Marco Tronchetti Provera dalla guida della società, in aperta polemica con il Governo italiano. La direzione fu affidata così a Guido Rossi, ex Presidente della FIGC, il quale il 18 ottobre 2006 avviò un patto di controllo tra i maggiori azionisti della società, ossia: Olimpia controllata dal duo Pirelli-Benetton che deteneva il 18%, Assicurazioni Generali in possesso del 2,01% e Mediobanca che aveva in mano l'1,54%.
Tale patto stabiliva che le tre società potessero incrementare le loro quote e dava l'opportunità d'ingresso anche ad altri soci che avessero più dello 0,5% delle azioni Telecom. La presidenza del patto fu affidata a Marco Tronchetti Provera.
Telecom Italia: il piano triennale e il tracollo in Borsa
Il 2007 fu un anno scoppiettante per la compagnia telefonica. Il 9 marzo fu presentato un piano industriale che annunciava utili in calo e un taglio dei dividendi. Il mercato reagì violentemente vendendo a mani basse le azioni in Borsa. Le accuse al management furono aspre e fotografavano una situazione all'interno dell'amministrazione di subbuglio totale.
Il 1°aprile il Presidente Guido Rossi rassegnò le sue dimissioni. La motivazione era dovuta al fatto che non fu rinnovata la sua candidatura a far parte del CdA. In mezzo alla bufera, il 28 aprile un gruppo di 5 società italiane e spagnole lanciarono un'offerta per rilevare il 23% di Telecom che era controllata da Pirelli tramite Olimpia. Le società erano: Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica.
La quota doveva essere acquistata tramite una società veicolo di nome Telco S.p.A. L'offerta fu accettata e il 24 ottobre vi fu il passaggio di consegne da Olimpia a Telco.
Telecom Italia: la cessione di Telco a Telefònica
In Borsa le cose non andavano bene però. Gli investitori mal digerivano le faide interne e soprattutto l'alto indebitamento societario, sebbene gradualmente era stato ridotto negli anni. Il titolo raggiunse il suo minimo storico a 0,5 euro a settembre 2013, così il 23 dello stesso mese la cordata che faceva capo a Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca si accordò con Telefónica per la cessione di Telco alla società spagnola, la quale sarebbe passata a detenere il controllo di Telecom con il 15% delle quote.
A giugno del 2014 fu però modificata la Corporate Governance con lo scopo di ridurre il peso dell'azionista di controllo e di far diventare il gruppo Telecom una public company. Un mese dopo Telefònica emise un bond convertibile in azioni Telecom di 750 milioni, cosa che comportò la riduzione della quota di partecipazione sotto il 10% del capitale.
Telecom Italia: la scalata del gruppo Vivendi
A partire da ottobre 2015 il gruppo francese Vivendi, che aveva una quota minoritaria società, decise di iniziare la propria scalata per portare la sua partecipazione minimo al 20%. Con una serie di operazioni speculative, a marzo del 2016 l'imprenditore transalpino era arrivato a detenere il 24,9% della compagnia telefonica, diventando l'azionista di maggioranza.
Sotto la guida del nuovo manager israeliano Amos Genish, fu presentato un piano triennale che andava dal 2018 al 2020, dove venivano effettuati importanti investimenti sull'innovazione digitale.
Telecom Italia: il fondo Elliott e la creazione di una public company
Il 4 maggio 2018 successe un evento che diede una svolta alla compagnia. Durante l'assemblea societaria il fondo Elliott di Paul Singer, che deteneva una quota dell'8,85%, riuscì ad ottenere l'approvazione con il 49,84%, mettendo in minoranza Vivendi che poteva contare su una lista del 47,18% dei voti, nonostante il gruppo francese avesse il controllo societario.
Questo fu un passo decisivo per far diventare l'azienda una public company come auspicato dallo stesso fondo. Il fatto provocò una serie di avvicendamenti ai vertici della società con cariche illustri che saltarono a beneficio di altre. Ad ottobre 2019 fu nominato Salvatore Rossi, ex-direttore generale della Banca d'Italia, come Presidente.