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Il Covid-19 ha aggravato la situazione economico-patrimoniale delle banche europee sul fronte della marginalità e degli NPL;
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Le istituzioni europee lanciano l'allarme e invitano alla prudenza;
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Goldman Sachs vede nelle M&A una soluzione per migliorare la situazione generale delle banche
La seconda ondata di contagi da Coronavirus ha agitato le acque nelle istituzioni europee per quel che riguarda il settore bancario. Le parole del Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ieri a una conferenza presso l'Università Bocconi sono eloquenti: il sistema bancario europeo rischia uno shock senza precedenti a causa del Covid. Proprio per questo motivo sarebbe opportuno in questo periodo adottare un approccio molto prudenziale da parte degli istituti di credito.
Queste parole alquanto allarmistiche fanno seguito al monito lanciato recentemente dalla Bundsbank nel rapporto sulla stabilità finanziaria della zona Euro, dove viene sollevato il tema del rischio insolvenze e dei crediti deteriorati. Il punto è che, rispetto all'ultima crisi finanziaria dove erano interessati solo alcuni degli istituti di credito soprattutto facenti parte dell'area mediterranea, oggi il sistema bancario del Vecchio Continente sembra esserne interamente coinvolto.
Goldman Sachs: M&A traino per gli investimenti bancari
Il quadro economico-finanziario delle banche si presenta quindi a tinte fosche. Non vi è solo la questione dei non performing loan che impattano sulla stabilità finanziaria e che è più direttamente collegata con la crisi pandemica. Vi sono da considerare due fattori molto importanti: la marginalità più ridotta per via dei tassi di interesse tenuti in prossimità dello zero da parte delle Banche Centrali e la concorrenza agguerrita delle fintech che nel medio/lungo periodo potrebbero insidiare sensibilmente l'equilibrio del settore.
Ciò nonostante, secondo gli esperti di Goldman Sachs, gli investitori non hanno smarrito l'interesse verso le banche grazie alle aggregazioni bancarie compiute e in gestazione. Dal 2007 non venivano fatte M&A importanti, adesso secondo la banca d'affari americana vi è un ritorno di fiamma per due ragioni: la necessità di razionalizzare i costi per effetto del calo degli utili operativi e della crescita delle perdite sui crediti deteriorati, la pressione da parte delle Autorità di regolamentazione in modo da migliorare gli indici patrimoniali e mettersi in linea con i parametri di vigilanza.
Su quest'ultimo punto la BCE è particolarmente presente, soprattutto da quando è scoppiata la crisi del Covid. L'Eurotower, dopo aver bloccato la distribuzione dei dividendi e il buyback azionario, ha allentato i criteri per le fusioni tra le banche, nella speranza che ciò possa servire da incoraggiamento a nuove operazioni che ancora sono in stato embrionale.
M&A: quali istituti bancari sono coinvolti
Attualmente sono diversi gli istituti di credito coinvolti in operazioni di aggregazioni. In Spagna si darà vita al più grande gruppo bancario del Paese che vede coinvolte Caixabank e Bankia. Il mese scorso i rispettivi CdA hanno dato il via libera alla fusione e dal polo nascente viene fuori un totale di assets gestiti di 650 miliardi di euro, sinergie di costi per 770 miliardi entro il 2023 e ricavi annuali per 290 milioni per 5 anni.
In Germania è sempre d'attualità il tema dell'aggregazione tra Deutsche Bank e Commerzbank, di cui si discute da anni. Il sodalizio andrebbe avanti tra mille difficoltà e il fatto che entrambi gli istituti sono pieni di crediti deteriorati probabilmente presenta sempre il rovescio della medaglia.
In altri termini, il bisogno di uscire da una situazione di crisi potrebbe spingere le due banche tedesche a unire le forze, ma c'è sempre il rischio di mettere in atto soltanto un matrimonio tra due malati. Entrambi comunque sono oggetto di desiderio di altri grossi player finanziari come UBS. L'ostacolo che emerge in operazioni di M&A fuori dai confini nazionali riguarda aspetti normativi che non sempre è facile conciliare.
M&A: il punto della situazione del comparto bancario in Italia
In Italia già si è conclusa nei mesi scorsi l'OPAS di Intesa Sanpaolo con Ubi Banca. A questo proposito oggi BPER ha completato l'operazione di aumento di capitale per finanziare l'acquisto di 532 filiali della prima banca italiana. Ora i riflettori sono puntati su Banco BPM.
L'istituto guidato da Giuseppe Castagna potrebbe a breve aggregarsi con altre grandi banche italiane ed estere. L'ipotesi più accreditata è una fusione con Crédit Agricole. I due player infatti hanno firmato nelle scorse settimane un accordo di riservatezza con il quale entrambi si scambierebbero dati e informazioni in via anticipata, nella prospettiva di un patto di fusione vero e proprio.
Le alternative caldeggiate però sono tutte di casa nostra. Negli ultimi giorni si è vociferato sia di un interesse di Unicredit che di BPER per eventuali nozze con la banca veronese. Il gruppo guidato da Jean Pierre Mustier potrebbe mirare al rilancio delle attività delle due banche anche in virtù del fatto che diversi soci di Piazza Gae Aulenti fanno parte dell'azionariato di Banco BPM.
Riguardo un'intesa con BPER vi potrebbero essere degli obiettivi di crescita a incentivare una fusione, dopo che i due precedenti tentativi del 2006 e del 2017 sono andati a vuoto.