La grande paura dell'inflazione sembra essersi placata in questo momento sul mercato, almeno se si valuta quanto sta succedendo nel mercato dei titoli di Stato americani, si può vedere come gli investitori stanno reagendo alle attese inflazionistiche in maniera più composta rispetto a quanto fatto all'inizio della primavera.
I rendimenti dei Treasury a 10 anni sono passati dall'1,75% di fine marzo all'1,46% attuale. Questo significa che gli operatori avevano anticipato la crescita dei prezzi dovuta alle riaperture e agli stimoli fiscali: ora invece potrebbero prezzare il fatto che l'inflazione sia un fenomeno temporaneo.
Il sistema regge ovviamente fin quando la Federal Reserve darà rassicurazioni sul rispetto della scadenza del 2023 per iniziare il rialzo dei tassi e non fornità segnali di ricorso anticipato al tapering. Se viceversa dovessero emergere avvisaglie di inflazione duratura, il quadro cambierebbe e la Banca centrale americana potrebbe modificare l'atteggiamento tenuto finora, mostrandosi meno accomodante.
Wall Street: ecco perché puntare sui tecnologici
Nel contesto attuale in cui i rendimenti si mantengono relativamente bassi, traggono vantaggio i titoli tecnologici a discapito di quelli finanziari, come è storicamente dimostrato. Secondo Fundstrat, società di ricerche sui mercati finanziari, quando i tassi dei Bond USA a 10 anni scendono per 6 mesi, allora i tech tendono a sovraperformare i finanziari.
La ragione deriva dal fatto che, con tassi sul mercato più bassi, per le aziende che investono nella tecnologia e nell'innovazione il costo del finanziamento è più contenuto. Inoltre tali compagnie, ottenendo dagli impieghi dei ritorni in termini di cash flow a più lungo termine, il valore attuale dei flussi futuri sarebbe maggiore scontando un tasso di attualizzazione più basso.
Per le banche invece uno scenario di questo tipo sarebbe il peggiore, perché esse vedrebbero ridursi il margine d'intermediazione, o meglio la differenza tra quanto ottengono dai mutui e dai finanziamenti che concedono e quanto pagano per il denaro depositato dai correntisti.
A questo punto, se come sostengono le Banche Centrali, l'inflazione sarà solo temporanea e gli effetti sui rendimenti obbligazionari saranno limitati, vi è da attendersi un nuovo rally da parte dei FAANG o anche delle azioni minori dello stesso settore: questa finestra temporale sarebbe quindi da considerare solamente una parentesi.
Wall Street: dividendi e buyback carte vincenti per le banche
Tuttavia, riguardo i finanziari bisogna prestare la massima attenzione perché vi è un aspetto che deve essere considerato e che potrebbe far confluire denaro verso le azioni bancarie. Durante la crisi pandemica, la Fed ha dato un preciso ordine agli istituti di credito: sospendere i buyback azionari e limitare i dividendi in modo da utilizzare il capitale per prestare denaro a un'economia moribonda per via del Covid-19.
Questo ha certamente allontanato gli investitori dalle banche, sebbene alla fine queste erano talmente attrezzate che avrebbero potuto benissimo premiare gli azionisti come hanno sempre fatto. Con il lancio dei vaccini e la ripresa economica molte cose sono cambiate, anche alla luce degli ultimi stress test fatti dalla Banca centrale. I prossimi saranno rilasciati il 24 giugno prossimo e sono numerosi gli istituti a essere in una posizione di ottima solidità economica e finanziaria.
In sostanza, le restrizioni imposte della Fed potrebbero scomparire tra qualche settimana. Tutte queste note positive sono state in gran parte scontate dal mercato, infatti l'ETF SPDR S&P Bank è cresciuto del 63% da novembre 2020, a fronte di un aumento del 29% dell'indice generale S&P 500. Però la nuova opportunità per gli azionisti sicuramente sarà fonte di attrazione degli investimenti, con gli analisti che stimano un rendimento totale del settore di circa l'8,4%, così rappresentato: 5,8% da buyback e 2,6% da dividendi.