Gli investitori nelle azioni Nike sono in fibrillante attesa per i conti del secondo trimestre che verranno rilasciati nella giornata di oggi. La multinazionale americana dell'abbigliamento sportivo quest'anno ha sofferto a Wall Street, come gran parte delle aziende quotate del resto. Da gennaio 2022, il titolo infatti ha perso circa il 32%, dopo che negli ultimi 5 anni ha visto un aumento prodigioso di quasi il 90% del proprio valore, mentre l'indice S&P 500 è cresciuto del 60%.
Adesso il mercato è alla ricerca di un driver per poter tornare a comprare le azioni, fermo restando che
la situazione generale è critica, con la
Federal Reserve che proseguirà nell'inasprimento della sua politica monetaria e la guerra Russia-Ucraina che continuerà a tenere i mercati con il fiato sospeso.
Nike: le attese sulla trimestrale
Gli analisti di Wall Street si aspettano un calo dei risultati aziendali rispetto allo scorso anno. Il consensus prevede infatti EPS per 0,81 dollari e un fatturato di 12,07 miliardi di dollari. Nel 2021 l'utile per azione era stato di 0,93 dollari e le vendite di 12,34 miliardi di dollari. Questo sebbene nel complesso l'intero anno fiscale dovrebbe essere migliore rispetto a quello passato, per effetto della robustezza dei trimestri precedenti.
Tuttavia, nell'ultimo mese gli analisti hanno abbassato le stime dei guadagni del 5% e nell'ultima settimana dell'1,1%, e questo non è un bel segnale per il mercato. Il punto è che il sentiment più negativo è probabilmente figlio di stime troppo elevate che si erano fatte nei mesi scorsi, in scia alla forza dei risultati dello scorso anno, quando l'economia americana viaggiava con il vento in poppa dalla ripresa post-pandemica.
Nike: perché sono state abbassate le stime
Nel caso specifico dell'azienda, sono diverse le ragioni per cui ora il mercato vede una situazione sugli utili non così positiva come prima. La prima ragione riguarda la presenza di Nike in Cina. Il colosso di Beaverton, Oregon, è stato al centro delle critiche internazionali per le presunte violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Questa polemica va avanti ormai da parecchio tempo, con la società che è stata accusata dai consumatori occidentali di non aver preso le distanze abbastanza dalle condizioni di schiavitù in cui versava la popolazione uigura. Questo ha determinato un calo delle vendite nella Regione, come probabilmente risulterà dal report del secondo trimestre.
La seconda ragione sta nell'inflazione americana, che fa aumentare la preoccupazione che i consumatori statunitensi diminuiscano la domanda di beni casual come le scarpe da ginnastica. Del resto, molti hanno fatto scorta durante la pandemia e quindi, in tempi duri come questi, ricorrono a quanto già hanno a disposizione. La terza ragione riguarda la catena di approvvigionamento che continua a manifestare problemi. Nell'ultima chiamata agli utili, Nike ha riferito che stava lavorando affinché ci fosse un miglioramento in tal senso, ma a livello generale la situazione desta ancora qualche grattacapo di troppo.
Nike: come reagiranno le azioni alla trimestrale?
Tutta la partita probabilmente si giocherà sulla guidance, che gli analisti si aspettano non eccezionale. Ma starà alla società riuscire a dimostrare che le attività in Cina continuano a migliorare e le vendite in Nord Amarica non hanno risentito degli effetti dell'inflazione. Se così sarà, le azioni potrebbero avere una reazione positiva in Borsa, anche per le settimane a venire. In caso contrario, il titolo a Wall Street potrebbe continuare a soffrire, allungando il passivo che quest'anno è arrivato quasi a un terzo della capitalizzazione societaria.