La corsa forsennata del prezzo del petrolio ha generato grandi profitti nelle major del settore, per cui quest'anno gli azionisti possono festeggiare con buyback e dividendi. Sì, perché le varie British Petroleum, Exxon Mobil, Chevron e le altre big oil hanno in programma di stanziare fino a 88 miliardi di dollari, distribuiti tra riacquisti di azioni per 38 miliardi e cedole per 50 miliardi. Addirittura la banca d'investimento RBC Capital Markets stima che i buyback possono arrivare fino a 41 miliardi di dollari.
Dal 2008, quando il petrolio aveva raggiunto il record storico a 147 dollari, si tratta della quota più grande. Allora infatti i riacquisti furono di 46 miliardi di dollari, grazie a un enorme piano attuato da Exxon che ha riacquistato circa 30 miliardi di dollari dopo la dismissione di attività a seguito della fusione con Mobil avvenuta nel 1999. E se si fa il raffronto con il 2014, l'ultima volta in cui il greggio veniva scambiato a 100 dollari al barile, i buyback sarebbero quasi raddoppiati.
Oggi l'oro nero quota oltre i 90 dollari, al massimo da 7 anni, e il gas viaggia a livelli record a causa dell'escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina, ormai a un passo dalla guerra. Per tale ragione i piani societari raccolgono i frutti di questa tendenza, avvalorata dalla rimozione delle restrizioni dovute alla pandemia e dall'esplosione della domanda di energia.
Buyback e dividendi: i piani delle aziende energetiche
A guidare il gruppo tra le società petrolifere che effettuano i riacquisti vi è Shell, secondo RBC e Bernestein. Il colosso anglo-olandese dovrebbe attuare un piano da 12 miliardi di dollari, con 8,5 miliardi che saranno completati nella prima metà del 2022, dove sono compresi 5,5 miliardi ottenuti dalla cessione di asset nel Permiano statunitense.
Chevron invece spenderà tra i 3 e i 5 miliardi in buyback, dopo aver riacquistato 1,4 miliardi di dollari l'anno scorso. British Petroleum ha in programma di riacquistare 4 miliardi di dollari di azioni quest'anno, mentre nel 2021 ha riacquistato 3,2 miliardi di dollari di azioni. Questo grazie al fatto che la spesa in conto capitale nella sua divisione energetica a emissioni limitate di carbonio è stata dimezzata rispetto all'anno precedente.
Ovviamente non vi stanno solo i buyback, secondo Bernestein sono pronti altri 50 miliardi di dollari in dividendi ad ingrassare il portafoglio degli azionisti, con prospettive di aumento se i prezzi del petrolio dovessero continuare a salire. Biraj Borkhataria, analista di RBC ha sottolineato come il settore sia in una forma in cui non si trovava da molto tempo e le sottoperformance delle azioni petrolifere durante la pandemia hanno fatto ritenere che le azioni fossero sottovalutate e quindi i riacquisti economici.
L'utilizzo della liquidità per premiare gli azionisti secondo alcuni però pone un problema in merito alla transizione energetica, perché in questo modo le società avrebbero meno risorse da investire nelle energie rinnovabili. Al riguardo, Nick Stansburry, responsabile delle soluzioni per il clima presso Legal and General Investment Management, ha affermato che le aziende debbano trovare un equilibrio, in funzione delle incertezze che riguardano la futura domanda di energia.