Tassi d’interesse, inflazione, disoccupazione. In questi giorni avrete sentito nominare queste parole centinaia di volte.
Tutti questi indicatori macroeconomici ci possono aiutare a capire in che fase del ciclo economico ci troviamo, espansiva o recessiva.
Il ciclo economico
Le fasi in cui l’economia di un paese, in condizioni normali, può ritrovarsi sono sostanzialmente due: espansione o recessione. Durante la fase di espansione, si producono beni in abbondanza per soddisfare i consumi della popolazione in crescita, mentre il tasso di disoccupazione scende perché le industrie assumono lavoratori per aumentare la produzione e soddisfare le richieste del mercato.
È proprio durante questi periodi che ci può essere dell’inflazione più o meno elevata, a seconda della velocità dell’espansione del ciclo (ecco perché l’inflazione è definita il termometro del mercato). Tra gli analisti c’è chi dice che l’alto tasso d’inflazione del 2022 sia dovuto agli ingenti stimoli fiscali messi in atto dalle Banche Centrali nel 2020 e nel 2021.
Gli ultimi dati dell’inflazione negli Stati Uniti, comunicati dal dipartimento del lavoro americano proprio questo martedì, hanno fatto registrare un tasso del 7,1% su base annua, in ribasso rispetto al 9,1% rilevato a giugno di quest’anno, ma comunque al livello più alto dal 1981 ad oggi.
Nel 2020, per contrastare la disoccupazione in aumento dovuta alle chiusure e ai lockdown in tutto il mondo, le Banche Centrali come dicevamo hanno attuato una politica espansiva.
La moneta emessa dalle banche centrali (in alcuni casi proprio sotto forma di assegni che venivano inviati per posta, come per gli stimulus check negli Stati Uniti) ha di sicuro aiutato in quei mesi le persone e le aziende in difficoltà.
Ma secondo gli analisti questa politica è andata avanti troppo a lungo anche nel 2021 quando le chiusure super restrittive dei primi mesi erano ormai finite, e ha fatto sì che l’economia ripartisse in maniera violenta, con consumi esplosi in poco tempo e la produzione industriale mondiale non del tutto pronta a tornare sui ritmi produttivi frenetici del pre-2020.
Gli anni dal 2020 al 2022, dunque, sono stati un esempio di fase espansiva rapida e violenta.
Durante le fasi di recessione, invece, cala la domanda di prodotti e le aziende sono costrette ad affrontare cali di fatturato e conseguente aumento di costi, e iniziano dunque a licenziare personale nel tentativo di rimanere a galla.
Capire il punto preciso del ciclo in cui siamo è sempre complicato, e anche la durata di una fase espansiva o recessiva è praticamente impossibile da prevedere. Ma con l’aiuto di alcuni dati macroeconomici possiamo perlomeno farci un’idea al riguardo. Per quanto difficile, infatti, è sicuramente impossibile scambiare il punto di massima espansione con il minimo raggiunto da una recessione.
Per farlo possiamo affidarci ad uno strumento di supporto, ossia il ciclo delle 3 principali asset class: obbligazioni, azioni e materie prime.
Queste 3 asset class hanno un comportamento ciclico simile a quello dell’economia, ma con tempistiche diverse.
Le caratteristiche dei 3 asset in Borsa
Di solito il mercato obbligazionario, infatti, è quello che anticipa le svolte al rialzo e al ribasso del ciclo economico. È quindi definito un mercato leading.
Anche il mercato azionario anticipa i minimi e i massimi economici, ma con meno frequenza e meno preavviso rispetto alle obbligazioni. L’azionario è dunque un comparto meno affidabile per tentare di interpretare un ciclo economico rispetto alle obbligazioni.
Le materie prime, al contrario, tendono a seguire con un certo ritardo i punti di svolta dell’economia. Vengono quindi definite un asset lagging. Questa dunque è la teoria generale, la relazione teorica tra economia e asset in Borsa.
A che punto siamo ora?
Oggi come abbiamo detto, ci concentreremo sull’indicazione che i 3 asset principali in Borsa ci possono dare riguardo lo stato dell’economia. Eccola dunque la foto dei mercati allo stato attuale.
Come vedete i bond, in blu scuro, sono stati il primo asset a flettere a fine 2021, dopo aver tergiversato intorno ai massimi dalla metà del 2020 per circa un anno. Poi è stato il turno delle azioni, in azzurro, che hanno iniziato a ritracciare da inizio 2022. Infine le materie prime, linea arancione, che come abbiamo detto sono un indicatore lagging, hanno dimostrato segni di avere raggiunto il picco dall’estate 2022.
A parte una flessione in lieve ritardo dei bonds, dovuta al rialzo dei tassi tardivo da parte della Fed nel 2022, il quadro sembra regolare ed in linea con gli andamenti teorici dei vari asset spiegati prima.
L’anomalia nell’andamento dei prezzi delle obbligazioni è legata all’andamento dei tassi di interesse. Più precisamente, solitamente all’aumentare dei tassi di interesse succede che il prezzo del titolo obbligazionario scende e viceversa.
Facciamo un esempio per chiarire questa relazione inversa. Ipotizziamo di comprare oggi un’obbligazione con cedola annua del 2%. Immaginiamo ora che la banca centrale europea decida di tagliare i tassi all’1,5%. La nostra obbligazione continuerà a pagarci il 2% annuo come stabilito al momento dell’acquisto. Ma questa remunerazione è più elevata del tasso all’1,5%. Molte persone dunque vorranno acquistare il titolo con cedola al 2%: dunque la domanda crescerà e, a parità d’offerta, il prezzo dell’obbligazione salirà.
Riassumendo, i tassi sono scesi e il prezzo dell’obbligazione è salito. Il ragionamento ovviamente va ribaltato in caso di aumento dei tassi: si tratta, in sostanza, del mercato che ritrova il suo assetto.
Quindi, in questo caso, se la Fed avesse iniziato il rialzo dei tassi già da metà o fine 2021, e lo avesse fatto in maniera graduale, le obbligazioni avrebbero iniziato a ritracciare prima e con meno velocità.
Ma questo non cambia molto ai fini della nostra analisi. A parte questa piccola anomalia il resto del quadro ciclico sembra regolare, con le azioni che hanno iniziato a ritracciare anche loro in anticipo rispetto all’economia reale e le materie prime che ancora devono iniziare la loro discesa.
Cosa aspettarsi per il 2023
Per il 2023, dunque, ci aspettiamo che le dinamiche del ciclo economico continuino a funzionare. Di conseguenza è molto probabile che il prezzo delle materie prime scenda durante il prossimo anno. Se è vero dunque che ci troviamo a cavallo tra la fase 5 e 6 del ciclo, come potete vedere in figura, l'inizio della discesa dei prezzi delle materie prime segnerà con certezza l’inizio della fase 6.
Cosa succederà poi? La conferma del ritorno alla fase 1 ce la daranno ancora una volta le obbligazioni.
Attenzione però, perché come abbiamo visto un ritardo nel rialzo dei tassi da parte della Fed, potremmo vedere un ritardo anche nel loro abbassamento.
Ecco perché ultimamente le decisioni della Fed sono molto discusse e attese dai mercati, come quella comunicata ieri sera da parte di Powell.
Dunque, il rialzo di bond e azioni potrebbe avvenire anch’esso in anticipo, accorpando le fasi 1 e 2 del ciclo. Ma stiamo già correndo troppo. Come abbiamo detto non è semplice fare previsioni sul ciclo economico, quindi per ora ci accontenteremo della previsione sulle materie prime, che sembra la mossa più prossima del mercato, anche se non sarà facile capirne, almeno nel breve termine, l’inizio del ritracciamento.