I mercati azionari statunitensi sono particolarmente deboli dall'avvio del 2022, al punto da far crescere sempre più le quotazioni che questo sarà un anno avaro di grandi rendimenti per gli investitori. Il mercato sta prezzando una politica monetaria della Federal Reserve più aggressiva di quanto si poteva immaginare fino a qualche settimana fa. Anche perché più aggressiva è risultata l'inflazione, balzata a dicembre ai massimi degli ultimi 40 anni con un tasso del 7%.
La convinzione che Jerome Powell dichiarerà guerra al carovita si ricollega al livello dell'occupazione, ormai in dirittura d'arrivo su quello che è l'obiettivo della Fed. Da sempre l'istituto monetario ha considerato l'allontanamento dalla piena occupazione come il principale grande ostacolo al restringimento della sua politica monetaria.
Ora che gran parte dei milioni di posti di lavoro persi durante la pandemia sono stati recuperati e manca poco per quel fatidico 3,5% del tasso di disoccupazione, non sembra ci sia molto altro che possa frenare le intenzioni di Powell.
In verità ancora vi è l'incognita Omicron del Covid-19, che potrebbe mettere tutto in discussione se finisse per impattare sull'economia a stelle e strisce con nuovi lockdown e rallentamenti. Tuttavia, sembra che questa minaccia sia scongiurata vista l'alta contagiosità della variante ma la molto più ridotta aggressività rispetto a Delta.
T-Note USA: ecco cosa dice il mercato delle opzioni
A conclusione di questo ragionamento, sembra quindi che i rendimenti dei T-Note americani siano destinati a salire nei prossimi mesi. I Treasury Bond a 10 anni si stanno avvicinando a rendere il 2%, soglia psicologica oltre cui ci potrebbero essere ulteriori svendite obbligazionarie.
C'è però un altro segnale allarmante che arriva dal mercato delle opzioni e riguarda i contratti delle put sugli stessi bond in scadenza marzo con strike 127. A quel livello si è verificato negli ultimi giorni un affollamento di posizioni, corrispondente a oltre 320 mila contratti per un valore nozionale di più di 32 miliardi di dollari.
Cosa significa questo? Che un'ulteriore discesa delle quotazioni del sottostante potrebbe innescare la copertura dell'esposizione short sulle put da parte dei dealer proprio a quei livelli di prezzo, generando in questo modo un'accelerazione al ribasso e quindi un rialzo dei rendimenti.
La maggior parte delle posizioni sono state accumulate questo mese, con 50.000 contratti il 3 gennaio a altri 30.000 il 12 gennaio. Charlie McElligott, strategist cross-asset di Nomura Securities, definisce quel livello di 127 un punto da monitorare con attenzione perché vi è un mostro da 322.000 contratti in grado di muovere i prezzi con grande velocità.