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Il prezzo dell'oro ha superato il record storico che deteneva nel 2011;
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Goldman Sachs prevede una domanda di oro in crescita per via dei rischi inflazionistici;
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La domanda di oro fisico si è contratta dell'80% nell'ultimo anno
Dove arriverà l'oro? È una domanda che in questo momento in tanti si stanno ponendo osservando la straordinaria cavalcata che il metallo giallo ha intrapreso negli ultimi due anni. Infatti dai minimi di 1.160 dollari del mese di agosto 2018, l'oro ha iniziato un rally che l'ha portato nella giornata di ieri a bruciare il record storico detenuto nel 2011 a 1.918 dollari l'oncia e a raggiungere quota 1.981 dollari. Oggi il bene rifugio per eccellenza viaggia intorno ai 1.955 dollari sul mercato delle materie prime.
Cosa abbia spinto il prezzo dell'oro così in alto è sicuramente da ricondursi all'incertezza per il futuro dovuta alla crisi pandemica in corso a livello mondiale. Bisogna però notare che anche prima dell'avvento del Covid-19 gli investitori compravano a mani basse il Gold. Questo fa pensare che in realtà la stessa incertezza veniva comunque percepita sulla situazione economica globale, nonostante i mercati azionari continuassero a macinare record su record. Adesso dove potrebbe fermarsi la corsa dell'oro è uno di quei quesiti a cui non è facile dare una risposta.
Goldman Sachs: l'oro arriverà a 2.300 dollari l'oncia
Un'analisi della situazione è stata fatta dagli analisti di Goldman Sachs. La banca d'affari americana ritiene che l'oro ormai abbia scansato di netto il dollaro USA nel primato di bene rifugio, in quanto il biglietto verde potrebbe essere destabilizzato dalle politiche della FED. Più precisamente, se Washington non si ponesse come obiettivo quello di frenare l'inflazione in funzione anti indebitamento, ma proseguisse nell'iniezione monetaria a ritmo torrenziale in versione anti pandemica, la valuta americana potrebbe continuare la fase di debolezza. Anche perché i bassi tassi d'interesse non renderebbero conveniente l'acquisto di Dollari USA.
L'espansionismo dei bilanci causato dagli shock deflazionistici da pandemia arriverebbe a creare viceversa spirali inflazionistiche per il futuro abbassando i rendimenti reali rispetto a quelli nominali. A quel punto l'oro rimarrebbe la soluzione migliore per proteggere il portafoglio d'investimento.
Sullo sfondo poi, un ulteriore aggravante determinato dalla recrudescenza del virus o ancora peggio da una seconda ondata di infezioni.
Per queste ragioni gli esperti prevedono che la salita attuale dell'oro potrebbe spingersi fino a 2.300 dollari l'oncia, migliorando la precedente stima che lo dava a 2.000 dollari.
Pur tuttavia Goldman Sachs rileva che tra i gestori dei fondi è diffusa un'idea basata su un equivoco di fondo. Essi infatti acquistano oro perché convinti che protegga sempre contro l'inflazione. Il metallo giallo però, a giudizio della casa d'affari, protegge contro la svalutazione monetaria e non sempre contro l'inflazione che ne è una conseguenza. Diversamente altre materie prime, in primis il petrolio, assicura la protezione contro la crescita dei prezzi, proprio perché quelli energetici ne guidano il rialzo.
Goldman Sachs: giù la domanda di oro fisico e su quella di argento
Se il grado d'incertezza sul futuro dell'economia e le preoccupazioni per l'inflazione hanno generato una grande affluenza di denaro negli ETF sull'oro, per gli analisti di Goldman Sachs la stessa cosa non può dirsi per la domanda di oro fisico. Nei mercati emergenti la richiesta materiale di oro si mantiene bassa, con un crollo nell'ultimo anno dell'80% delle importazioni dall'India che, insieme alla Cina, è il più grande consumatore al mondo.
Parallelamente all'oro viene vista in rialzo anche la domanda di argento. Da una precedente stima di 22 dollari, gli strategist ne hanno aumentato il prezzo previsto a 30 dollari. I due metalli sarebbero legati a doppio filo: un aumento degli acquisti del metallo più pregiato spingerebbe in alto anche gli acquisti dell'altro. Non solo. L'argento sarebbe destinato a crescere nel prossimo futuro grazie alla domanda industriale per l'energia solare. Infatti il Green Deal voluto dall'Europa farebbe aumentare la capacità dei pannelli solari in prospettiva dei piani di cambiamento climatico.