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Negli ultimi tempi i prezzi del petrolio vivono una fase di lateralità, ma il rallentamento della domanda preoccupa i mercati;
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I segnali di allarme sui prezzi sono parecchi, su tutti il congestionamento dei porti cinesi;
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L'OPEC+ stima per il futuro un calo della domanda di 9,1 milioni di barili, però gli analisti contano sulla ripresa della Cina
La tempesta è davvero alle spalle? Molti investitori se lo stanno chiedendo guardando l'andamento del mercato del petrolio negli ultimi giorni. Brent e WTI oscillano rispettivamente intorno ai prezzi di 45 e 42 dollari al barile, manifestando di tanto in tanto picchi di volatilità. Durante l'estate 2020 le quotazioni sono rimaste abbastanza stabili dopo lo storico shock di marzo-aprile, quando i futures sul greggio texano erano finiti in territorio negativo per la prima volta nella storia.
Non mancano segnali di nervosismo. Le mosse dell'OPEC+ relative al taglio dell'offerta avvenuto a partire dal mese di luglio per 9,7 milioni di barili giornalieri, poi ridotto a 7,7 milioni, non è bastato per acquietare del tutto il mercato. Ora gli operatori guardano al futuro con una certa apprensione sulla base di alcuni fattori che possono incidere sulle valutazioni, specie dopo l'annuncio di un importante gruppo di produttori, che ieri ha affermato che la ripresa della domanda è più lenta del previsto.
Petrolio: i 5 segnali di rallentamento della domanda
Il primo segnale che inquieta il mercato è l'esplosione dei casi di infezione da Covid in tutto il mondo, che al momento ha raggiunto quota 22,688 milioni. L'arrivo dell'estate non ha frenato la violenza del virus come ci si aspettava e l'economia fatica a rialzarsi. Questo ha messo un freno alla domanda di carburante, soprattutto con riferimento ai trasporti aerei con molte compagnie che hanno dovuto fare i conti con voli ridotti o cancellati.
A preoccupare è soprattutto il calo della richiesta dalla Cina, che è il primo importatore di oro nero al mondo. Negli ultimi mesi il Dragone aveva fatto incetta di carichi di greggio e i porti ora sono arrivati a un congestionamento. Per questo un rallentamento è quasi fisiologico, ma nulla garantisce che nei prossimi mesi ci possa essere un ritorno agli acquisti come in passato.
Gli ultimi dati sulle scorte settimanali rilasciati dall'EIA mostrano una riduzione minore rispetto alle previsioni: -1,632 milioni di barili quando il consensus era per -2,670 milioni. Se si pensa che l'ultima statistica registrava una riduzione delle scorte di 4,512 milioni si ha la misura di come la domanda abbia subito una contrazione notevole negli ultimi tempi.
Un altro fattore che ha fatto accendere una spia concerne l'effetto contango che tanto aveva inciso durante lo shock della primavera. I futures sul Brent del mese di dicembre ieri costavano circa 1$ in più rispetto a quelli con scadenza a ottobre. Questo manifesta l'intenzione per i commercianti di tenere il petrolio in deposito fino a quando non potranno venderlo a prezzi più alti.
Anche l'Africa occidentale sta influendo parecchio sulle quotazioni del petrolio. I prezzi della materia prima nigeriana ad agosto sono scesi al di sotto di quelli del Brent. Ciò significa che la domanda sta frenando sensibilmente. Infatti il greggio nigeriano, essendo scambiato a breve termine, è molto sensibile ai cambiamenti globali sulla richiesta.
Petrolio: le previsioni per il futuro
Nell'ultima riunione i Paesi membri dell'OPEC+ hanno stimato che nel 2020 la domanda di petrolio diminuirà di 9,1 milioni di barili al giorno, 100.000 in più rispetto alle previsioni precedenti. Secondo il rapporto rilasciato alcuni produttori dovrebbero tagliare l'output di 2,31 milioni di barili al giorno per compensare i precedenti eccessi.
I Paesi nel mirino sono i noti Iraq e Nigeria, ma anche gli Emirati Arabi hanno avuto una sovrapproduzione di 500 mila barili al giorno nei mesi che vanno da maggio a luglio. Ad aggravare la situzione secondo il Cartello potrebbe esserci una seconda ondata di COVID-19 in Cina, India, Europa e USA nella seconda parte del 2020.
Questo fatto potrebbe far abbassare la domanda di 11,2 milioni di barili al giorno. Tra gli analisti serpeggia meno pessimismo sulle quotazioni dell'oro nero. Secondo Lachlan Shaw, Capo della ricerca sulle materie prime della National Australia Bank, la ripresa della domanda ci sarà, ma in modo piuttosto irregolare.
Ancora più entusiasta è Paola Rodríguez-Masiu, Senior Analyst di Rystad Energy. A giudizio dell'esperta la Cina rispetterà l'accordo commerciale con gli Stati Uniti, per questo aumenterà gli acquisti di petrolio nel mese di settembre tra i 18 e i 20 milioni di barili, più del doppio di quanto non faccia attualmente.
Più cauto invece risulta essere Saad Rahim, Capo Economista del trader di commodities Trafigura Group. Lo strategist mette in risalto il fatto che vi è ancora una grande quantità di petrolio immagazzinata sulle navi e questo presumibilmente metterebbe un freno ai prezzi per il futuro. Purtroppo la domanda non corre a un ritmo tale da abbassare velocemente il livello delle scorte.