Ascolta questo articolo ora...
Si è verificato un errore durante la generazione del file audio
Durante il rally dell'oro le società di estrazione hanno preferito incrementare i dividendi e pagare i debiti rispetto ad avviare nuovi progetti. Ecco perché
Uno degli asset che nel corso della pandemia ha goduto di forti rialzi è sicuramente l’oro. Il metallo giallo beneficia di diversi fattori tra cui la diminuzione dei tassi reali, le tensioni USA-Cina, l’indebolimento del dollaro americano, le politiche ultra espansive delle Banche centrali e della conseguente ripartenza dell’inflazione.
Dopo una correzione dai massimi storici, da inizio anno il prezioso sta segnando un +28,54%, ma alcune domande arrivano dal punto di vista dell’offerta. L’oro sta diventando sempre più raro in quanto tutte le principali fonti di estrazione si stanno esaurendo: quello che rimane si trova su posti sempre più difficili da raggiungere e, soprattutto, è sempre più costoso da estrarre.
Oro: le società di estrazione non iniziano nuovi progetti
Il recente rally dell’oro è stato utilizzato dalle società di estrazione per ripagare i loro debiti e incrementare i dividendi, e non per avviare nuovi progetti. Per fare alcuni esempi, per il secondo trimestre 2020 Barrik Gold e Newmont hanno alzato la cedola del 14% e 79%. Gold Fields ha invece sfruttato il rialzo dell’oro per pagare 750 milioni di dollari di debiti.
Questo accade a causa di quanto successo in passato. Nel rialzo che ha fatto toccare i massimi a 1.891,90 dollari ad agosto 2011, molte aziende di estrazione hanno messo in piedi operazioni di M&A e nuovi progetti al fine di incrementare la loro produzione. La ragione era da attribuirsi alle attese per i prezzi dell’oro, che erano previsti veleggiare tra i 1.400 e i 1.800 dollari l’oncia.
La flessione delle quotazioni del metallo giallo nei successivi anni ha fatto andare male numerosi di questi progetti. Secondo una stima di Minex Consulting, le aziende di estrazione hanno diminuito di oltre il 60% il budget della divisione esplorativa rispetto al 2012, a 4,44 miliardi di dollari.
Avviare nuovi siti di estrazione sta diventando sempre più difficile: i costi medi per trovare un’oncia d’oro nel 1990 erano pari a 253 dollari (questa cifra indica i costi e gli investimenti), nel 2019 la stessa quantità presenta un costo per le aziende di 705 dollari. Non solo. Come fa notare Metal Focus si è contratta anche la quantità di oro rinvenuto per ogni tonnellata di roccia estratta. Se negli anni ’70 il dato era pari a 10 grammi per tonnellata, l’anno scorso il rapporto è sceso a 1,46.
Oro: una speranza dallo sviluppo tecnologico
Alcuni esperti del settore evidenziano come l’oro sia prossimo a non diventare più estraibile. Una speranza in questo senso arriva dallo sviluppo tecnologico, che permetterebbe di raggiungere posti ricchi di metallo giallo non ancora esplorati come i fondali oceanici. È da segnalare anche come per l’oro non necessariamente un calo dell’offerta implica un aumento dei prezzi. Questo perché il metallo giallo ha una funzione di asset finanziario. Inoltre l’oro non scompare con l’utilizzo ed è quindi “indistruttibile”.