Tra le varie tendenze che il Coronavirus ha accelerato c’è sicuramente quello della
transizione energetica, specie considerando che la domanda di combustibili fossili ha subito una forte flessione a causa dell’impossibilità della gente di muoversi dalle proprie abitazioni per evitare di diffondere la pandemia.
Il problema per la domanda di petrolio potrebbe però essere persistente secondo il colosso petrolifero britannico BP, il quale prevede che la richiesta del petrolio potrebbe non tornare più ai livelli precedenti la crisi.
BP spinge sulla transizione verso l’energia pulita
La società sta andando in controtendenza rispetto alle sue concorrenti, che stimano decenni di crescita per l’oro nero in quanto è l’unica materia prima capace di soddisfare la domanda dell’aumento della popolazione e della classe media. La view di BP l’ha portata ad
accelerare il suo percorso di transizione verso l’energia pulita.
In tal senso l’Amministratore Delegato dell’azienda, Bernard Looney, ha affermato che nei prossimi 10 anni taglierà l’output di gas e petrolio del 40%,
investendo 5 miliardi di dollari l’anno per costruire il più grande business delle energie rinnovabili al mondo. Ricordiamo infatti come la scorsa settimana BP sia
entrata nel comparto dell’eolico offshore acquistando asset da Equinor.
Al momento della scrittura, il petrolio WTI si attesta a 37,41 dollari, in rialzo dello 0,21% rispetto alla chiusura di venerdì scorso. A dare un aiuto ai prezzi è la
tempesta tropicale che ha colpito il Golfo del Messico, la quale ha portato ad uno stop della produzione.
Petrolio: i tre scenari di BP
Nel report rilasciato da BP si prospettano tre scenari per i prossimi 30 anni:
rapid, business as usual e net zero. La prima possibilità evidenzia come la domanda di combustibili liquidi calerà a
meno di 55 milioni di barili al giorno. In tal caso l’ipotesi a sostegno della tesi è quella di un incremento dei prezzi delle energie inquinanti a causa di misure messe in campo dai Governi al fine di ridurre le emissioni.
Lo scenario “business as usual” è invece il più ottimista e vede le politiche ambientali e di consumo progredire ad un ritmo simile a quello degli ultimi anni. Le stime sono quindi per un recupero della domanda fino ad arrivare a
100 milioni di barili al giorno per i prossimi 20 anni.
La stima “net zero” rinforza quella “rapid” prevedendo un calo della domanda a
30 milioni di barili al giorno entro i prossimi 30 anni. A contribuire maggiormente al calo della richiesta nei prossimi decenni saranno i Paesi sviluppati e la Cina. In generale quindi, possiamo dire di aver visto il picco della domanda di oro nero nel 2019.