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I mercati di frontiera affascinano sempre gli investitori perchè nell'immaginario fanno pensare all'esplorazione, alla scoperta di nuove Cina o India
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La realtà è ben diversa ed in termini di forza relativa rispetto ai più conosciuti emergenti abbaimo raggiunto il minimo degli ultimi 7 anni
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In Italia è quotato un solo ETF che replica l'indice S&P Frontier Market
Per mercati di frontiera si intendono quelle aree di investimento che vanno oltre i classici mercati considerati sviluppati ed emergenti. Meno avanzati in termini di gestione dei capitali finanziari appartengono ai frontier market quelle nazioni geograficamente modeste oppure con attività commerciali e finanziarie poco evolute, più illiquide e rischiose di quelle già di per sé volatili presenti nel più conosciuto mondo emergente. Non a caso i mercati di frontiera sono considerati dei pre emerging market. Il termine fu coniato nel 1992 da Farida Khambata di Intenational Finance Corporation.
Questi mercati sono anche complicati da raggiungere per un investitore e solamente tramite fondi dedicati o ETF è possibile approcciare un comparto molto volatile e rischioso. Non a caso in Italia è quotato un solo ETF di Xtrackers dai costi anche particolarmente elevati per essere uno strumento a replica passiva.
Naturalmente chi investe in questa particolare nicchia di mercato lo fa nella speranza di scovare il gruppo di Paesi che potrebbero costituire i nuovi BRICS del prossimo decennio, oppure quei Paesi con elevati tassi di crescita economica che avrebbero risvolti positivi anche sulle azioni locali. L’orizzonte temporale mai come in questo caso dovrebbe però essere di lunghissimo periodo proprio in considerazione di un andamento non sempre in linea con le aspettative.
Dico questo perché proprio nelle ultime settimane l’indice di forza relativa dei Frontier Market è scivolato ai minimi degli ultimi 7 anni contro quello dei tradizionali emergenti. Il grafico rappresenta proprio l'andamento dell'indice Frontier Market.
Probabilmente una delle motivazioni che spinge la marea di liquidità presente sui mercati emergenti tradizionali e meno su quelli di frontiera è anche legata al Covid-19 ed alle conseguenze che sta generando su Paesi sicuramente più fragili dal punto di vista sanitario e finanziario.
Dall’inizio del 2020 la perdita dei mercati di frontiera è tripla rispetto a quella del tradizionale MSCI Emerging Market (-24% contro -8%) con il gap a 3 anni che si mantiene ampio (-13% vs +6%). Il grafico dell’indice MSCI Frontier Market ci mostra come in effetti questo tipo di investimento non si è mai allontanato tanto dai minimi del 2009 a fronte di indici di paesi sviluppati che invece hanno toccato massimi storici.
L’ETF proposto da Xtrackers è una replica sintetica dell’indice S&P Select Frontier con costi elevati visto che il TER è dello 0,95%. Non elevatissima la capitalizzazione dello strumento (circa 70 milioni di Usd).
La composizione dell’indice evidenzia un po’ i limiti di questo ETF. Una forte concentrazione verso un Paese come il Vietnam che pesa per il 30% del portafoglio seguito dall’Argentina al 15%. Tra gli altri Paesi presenti troviamo nomi come Marocco, Cambogia, Romania, Nigeria, ecc.
A livello settoriale il peso maggiore è quello della finanza con 27% seguito da beni voluttuari al 17% e materiali al 13%. Interessante anche la componente valutaria che vede il Dollaro americano come principale al 36% (alcune azioni possono essere acquistate solo a New York come ADR), seguito dalla valuta vietnamita Dong (30%) e poi altre valute locali come Dinaro del Kuwait (7%), Dollaro di Hong Kong (5%) e Leu rumeno (3%).
L’ultima considerazione la faccio sulle valutazioni sicuramente appetibili ma da ponderare bene con il rischio. Il rapporto prezzo utili è infatti di poco superiore a 8 con un dividend yield che sfiora il 4%. Per gli amanti dei viaggi di avventura ed esploratori un terreno sicuramente intrigante quello dei mercati di frontiera.