L’articolo di oggi entra in un altro di quei portafogli molto gettonati dagli advisors americani, il No Brainer Portfolio. Le caratteristiche di questa asset allocation le ho già raccontate in questo articolo No Brainer Portfolio: un portafoglio con pochi pensieri ma come sempre può essere opportuno un breve recap prima di andare diretti sul back test degli ultimi 10 anni che metteranno a confronto il No Brainer con l’equivalente asset allocation bilanciata tradizionale.
Ideato da William Bernstein nel suo celebre libro “ The Intellingent Asset Allocator” , il No Brainer ha la caratteristica molto americana di spingere parecchio sul rischio e sulla crescita del capitale ma tutto con una estrema semplicità.
Ecco la composizione originaria del portafoglio.
- 25% Large Cap America;
- 25% Small Cap America;
- 25% Azioni internazionali;
- 25% Treasury Breve Termine.
Questa l’allocazione prevista dal fisico-economista americano che, con soli tre strumenti, può essere replicata da un investitore italiano con una buona propensione per il rischio.
Se infatti Bernstein ha creato questa allocazione per un investitore americano, l’investitore domestico può investire tranquillamente con due ETF azionari globali (large cap e small cap), integrati da un obbligazionario europeo che investe in titoli di stato UE con scadenza ravvicinata.
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Il back test effettuato sugli ultimi 10 anni di mercato ci dicono però che il “fattore” small cap combinato alla ridotta duration dei bond non ha pagato. Seppur di poco, un tradizionale investimento 75/25 è uscito vincente per circa 20 punti base di rendimento all’anno. L'8,1% di rendimento annuo composto ottenuto dal No Brainer ha avuto la stessa volatilità del classico 75/25 che oltre tutto ha una componente obbligazionaria classica, quindi non prudente come quella prevista nel No Brainer.
Interessante anche notare che se il massimo drawdown del 2022 vede il No Brainer leggermente favorito con un -10,7% rispetto al -12,7% del bilanciato tradizionale, nel corso del 2020 il No Brainer è stato colpito ben più duramente durante l’esplosione della pandemia. In quel momento la massima perdita raggiunse il 17% (contro il -14%) del bilanciato tradizionale, confermando che le small caps nei momenti di tensione sui mercati incorporano rischi maggiori che l’investitore si augura di recuperare con una maggiore remunerazione nel corso degli anni. Negli ultimi 10 anni non è stato però così.
Un’allocazione di portafoglio, quella del No Brainer, facilmente replicabile con una manciata di strumenti passivi come gli ETF anche da un investitore italiano esponendolo ad un rischio classico e aggressivo di 75% azioni e 25% obbligazioni.
Nei momenti particolarmente critici del mercato il rischio small caps tende ad annullare la protezione dei bond europei a breve scadenza i quali però, in contesti di bassi rendimenti come quelli visti in passato, non hanno creato quella rete di protezione adeguata. Adesso che i rendimenti europei sono saliti a livelli interessanti, ben sopra il 3% di rendimento annuo, questa composizione di portafoglio sembra essere molto più interessante per investitori alla ricerca della crescita nel lungo periodo con una quota parte di estrema sicurezza in portafoglio.