State Street-Invesco: fusione in vista? Ecco i numeri che contano | Investire.biz

State Street-Invesco: fusione in vista? Ecco i numeri che contano

21 set 2021 - 17:30

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Il WSJ ha lanciato una vera e propria bomba di mezza estate: State Street e Invesco potrebbero fondersi. Vediamo cosa può succedere ai due colossi del risparmio gestito

La notizia è di quelle che sicuramente avranno un impatto nel mondo sempre più competitivo degli ETF e dei fondi di investimento: secondo il WSJ Invesco starebbe trattando un’eventuale fusione con State Street circa l’intero comparto dell’asset management.

State Street è uno degli agenti di custodia più grandi del mondo e non a caso quando si consulta un KIID di strumenti gestiti molto spesso troviamo la stessa State Street come banca depositaria. Ruolo spesso dimenticato ma importantissimo per la sicurezza dei risparmi dell’investitore.

Invesco gestisce oggi circa 1,5 miliardi di masse, State Street arriva a 4 miliardi. Con il marchio SPDR la stessa State Street è uno dei leader di mercato nel segmento degli Exchange Traded Fund, con il fiore all’occhiello rappresentato dall’ETF più anziano e dimensionalmente capiente del mondo: l'SPY. Si tratta di uno strumento che replica l'indice S&P 500 e che recentemente ha valicato la soglia dei 400 miliardi di dollari.

Visto che la preda dovrebbe essere Invesco, il balzo in Borsa delle azioni della società americana era prevedibile. Gli effetti di questa eventuale operazione sarebbero un'ulteriore limatura dei costi nel mondo del gestito e nello specifico degli ETF, con la creazione di un campione che si piazzerebbe alle spalle di iShares e Vanguard.

 

ETF: un settore in fase di consolidamento strutturale

Con oltre 1,3 miliardi di masse amministrate in ETF, SPDR e Invesco andrebbero ad occupare il 20% della quota di mercato in America alle spalle di iShares (35%) e Vanguard (28%). Per dare un’idea dell’estrema concentrazione che sta assumendo il mercato americano il fatto che il quarto posto è occupato da Schwab con il 3,7% della quota di mercato.

Il settore è quindi oggetto di un consolidamento ormai strutturale. La redditività sempre più bassa generata dal segmento degli ETF tradizionali è alla base di queste scelte strategiche che probabilmente non saranno le ultime. Il lancio di prodotti tematici, ESG e ETF a gestione attiva vanno esattamente nella direzione da parte delle case di offrire maggiori prodotti a valore aggiunto dove la competizione è ancora contenuta o comunque non così orientata alla riduzione delle commissioni come quella degli ETF tradizionali.

Secondo ETF.com il costo medio dei fondi di investimento americani è dell'1,42% mentre le spese corrente medie degli ETF è di 0,53% (0,4% se consideriamo l’allocazione delle masse). Sappiamo bene come esistono però numerosi ETF che replicano indici molto conosciuti in grado di offrire prodotti passivi a costi ben più contenuti.

Se il trend di consolidamento proseguirà, e vedendo quello che è appena successo in Europa con Amundi e Lyxor non dubito che sarà così, i benefici per i consumatori saranno quelli di una ulteriore pressione al ribasso nei costi oltre naturalmente ad un’offerta meno frammentata. Dal lato dell’offerto l’era che stiamo vivendo è eccezionale sotto tutti i punti di vista.

 

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