Nel corso degli anni ho capito che il numero elevato di notizie online che si concentrano su un certo argomento, almeno in finanza, è indicativo dell’esaurimento temporaneo di una tendenza. L’esempio più lampante degli ultimi giorni è quello che ha riguardato l’inflazione e il rischio di perdita su fondi e ETF obbligazionari, soprattutto quelli con una duration particolarmente lunga.
Investitori preoccupati dall’erosione del potere d’acquisto (chissà perché non l’hanno mai fatto negli anni passati) e dal rischio di veder fioccare perdite in conto capitale sugli investimenti considerati prudenti (anche qui chissà perché in pochi si preoccupavano nei mesi passati di comprare bond a rendimento zero o negativo) ed ecco che il precipitarsi verso l’uscita di sicurezza ha creato un eccesso di vendite sui bond ed una salita forse troppo veloce dei rendimenti.
Non sto dicendo che questa tendenza non proseguirà nei prossimi mesi o anni, ma che molto spesso agire con calma e soprattutto focalizzandosi sul motivo per il quale sono stati acquistati certi strumenti si rivela la scelta migliore.
Portafoglio: la duration non è il male assoluto
Per quello che riguarda il mercato obbligazionario avere un po’ di duration in portafoglio non è il male assoluto. Anzi, in certi contesti di mercato è una delle poche scelte a disposizione dell’investitore per contrastare, ed in alcuni casi anche guadagnare, in contesti di maggiore volatilità del mercato azionario.
Nell’ultimo FOMC la banca centrale americana ha comunicato agli investitori che i tassi nel 2023 saliranno, ma che probabilmente anche prima non è esclusa una mossa che i mercati avevano volutamente non considerato fino a qualche giorno fa.
Logicamente ci si sarebbe attesi ulteriori vendite sui bond (se salgono i tassi calano i prezzi). In realtà è successo l’opposto, o meglio sono saliti i tassi a breve scadenza, sono scesi quelli a lunga scadenza contribuendo all’appiattimento della curva dei rendimenti.
Due ETF per investire su bond ultra lunghi
Prove generale di bear market azionario? Chi lo sa, di certo quando un investitore vuole installare solidi cuscinetti ammortizzatori sulla propria macchina d'investimento deve guardare anche a strumenti a replica passiva che investono in bond ultra lunghi. Anche se questo può sembrare poco logico, in certi momenti di mercato o per certe asset allocation ha un senso.
Quotato sul mercato italiano non esiste purtroppo uno strumento globale ma si può sempre ripiegare su ETF che investono su titoli di Stato europei e americani. Magari con l’accortezza per questi ultimi di utilizzare la versione Eur hedged a cambio coperto.
iShares Eur Government Bond 15-30yr (ISIN IE00B1FZS913) dice già tutto nella sua descrizione: investe in titoli governativi denominati in euro con una durata compresa tra i 15 e i 30 anni. La duration effettiva dei titoli inseriti in questo ETF è pari a quasi 17 mentre il suo costo è dello 0,2% annuo.
Per investire invece su titoli di Stato americani con cambio coperto, UBS offre un ETF con indice sottostante il Barclays 10+ Year Treasury Bond. Con un costo dello 0,25% annuo, si acquista un paniere di titoli americani con duration media di oltre 18 anni.
Va sempre ricordato che la duration modificata è utile per calcolare quanto si potrebbe perdere (o guadagnare) in caso di variazione dei tassi d'interesse di 100 punti base. Ccon duration 17 si perderebbe circa il 17% in seguito ad un rialzo dei tassi dell'1%. Si deve inoltre avere la premura di contestualizzare l’investimento su quello che è il resto del portafoglio.
Duration: dormire tranquilli con giusta asset allocation
Queste due soluzioni offrono la possibilità all’investitore di speculare sul tratto di curva dei rendimenti non controllato dalle banche centrali decorrelando così l’asset azionario tradizionalmente volatile. I rischi ci sono, ma come insegnano i portafogli dei grandi advisor americani, che quasi mai rinunciano ai bond a lunga scadenza, se un’asset allocation è ben costruita l’investitore potrà dormire sonni tranquilli anche con questa tipologia di prodotti.