Dopo il +8,79% di ieri, le azioni First Republic Bank salgono di circa il 7% nelle contrattazioni prima dell'apertura di Wall Street. Il titolo, che nel pre-market ha evidenziato anche un +11%, sta prezzando la notizia che le autorità americane stanno intensificando i colloqui per effettuare un salvataggio della banca.
Nei giorni scorsi sono state avanzate diverse ipotesi sulle soluzioni da trovare per sollevare dalle sabbie mobili l'istituto di San Francisco. Si è parlato di una
cessione degli asset da 50 a 100 miliardi di dollari a banche potenzialmente interessate (
First Republic Bank: ecco come cercherà di vendere asset per $ 100 mld), di una ricapitalizzazione con l'intervento dello Stato, della costituzione di una bad bank e in extrema ratio del ricorso all'amministrazione controllata.
In questo momento il governo degli Stati Uniti sta portando al tavolo dei negoziati tutte le parti che potrebbero essere coinvolte nella vicenda. Banche e private equity sono state tirate in ballo con maggiore convinzione, ma non è del tutto chiaro se lo Stato prenda in considerazione l'eventualità di una diretta partecipazione nel salvataggio.
Sulla base dei rumors filtrati nelle ultime ore, tutti si stanno affrettando per evitare un'acquisizione da parte della Federal Deposit Insurance Corporation così come è stato fatto con la Silicon Valley Bank e la Signature Bank. "Siamo impegnati in discussioni con più parti sulle nostre opzioni strategiche pur continuando a servire i nostri clienti", ha detto First Republic in una nota.
First Republic Bank: una situazione molto ingarbugliata
First Republic Bank è diventata ormai l'epicentro di un sisma che potrebbe sconvolgere tutto il sistema bancario americano e i mercati finanziari. Il mese scorso
11 grandi banche di Wall Street hanno depositato 30 miliardi di dollari (
First Republic Bank: le grandi banche USA depositano $ 30 miliardi) per evitare il crack dell'azienda di credito californiana a causa di un'ondata irrefrenabile di deflussi dai depositi. Con questa operazione quantomeno si sperava di stabilizzare la situazione calmando i mercati, ma i conti trimestrali pubblicati pochi giorni fa da First Republic hanno riportato un esito disastroso:
i depositanti hanno ritirato dai conti circa 100 miliardi di dollari. Da qui è scattato l'allarme da codice rosso.
Tuttavia, dagli ultimi incontri risulta che molte delle strade indicate non sono percorribili. Il problema è che qualsiasi accomodamento si troverebbe a fare i conti con la copertura delle perdite della banca derivanti dal portafoglio prestiti. Con l'aumento dei tassi d'interesse, il valore delle obbligazioni e dei mutui nell'attivo patrimoniale si è rimpicciolito e potenzialmente sprigiona perdite anche molto rilevanti.
Se ad esempio ci fosse un'acquisizione di tali assets, con conseguente riduzione del bilancio da parte di First Republic, per avere senso la transazione dovrebbe essere effettuata al valore nominale o giù di lì. Per caricarsi le perdite potenziali, gli acquirenti dovrebbero ricevere in cambio un premio. Negli ultimi giorni si è parlato di azioni privilegiate e warrant offerti dalla banca. Ma, che reale valore potrebbero avere con una situazione di First Republic così compromessa? Questi dubbi stanno frenando fortemente potenziali player, a meno che non subentri qualche forma di garanzia governativa.
Per evitare che i regolatori statunitensi rilevino l'istituto di credito, si sta contemplando anche l'ipotesi di una perdita totale per gli azionisti, con un riflesso sui mercati che rischia però di essere troppo roboante. "Il potenziale scenario peggiore derivante dal crollo della Silicon Valley Bank sembra essere stato scongiurato", ha dichiarato Mark Haefele, Chief Investment Officer di UBS Global Wealth Management in una nota. Tuttavia, le vicende di First Republic "ci ricordano che ulteriori problemi rimangono possibili", ha aggiunto.