- Si dimette il capo dell’Eurogruppo Mario Centeno
- Parte la discussione sul Recovery Fund
- Si accentua lo scontro in Europa
Il ministro delle Finanze portoghese Mario Centeno, si è dimesso. Un problema pesante perché Centeno è anche a capo dell’Eurogruppo, sebbene la scadenza del suo mandato fosse prossima. A luglio, infatti, il portoghese avrebbe dovuto lasciare il posto al suo successore. A prescindere da questo, però, è chiaro che quella che si è aperta in Europa è una partita a scacchi in piena regola. Ma procediamo con ordine
La discussione sul Recovery Fund
Come tutti sanno, l’Eurogruppo è da tempo dilaniato dalle fratture interne che lo vedono diviso tra il fronte del Nord, solitamente più rigorista, e quello del Sud. Un fronte che la crisi economica da Coronavirus non ha fatto altro che accentuare.
Ed è proprio sul Recovery Fund da 750 miliardi di euro ovvero il piano presentato dalla Commissione Ue che si sta verificando la prova di tenuta più forte. Secondo il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz si percepisce una volontà di partecipazione comune. Ma che questa volontà si traduca o meno in una concreta disponibilità di compromesso è tutt’altra storia.
I due blocchi
I rigoristi rappresentati da Austria, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia giudicano il pacchetto presentato come “non accettabile” sia “in termini di volume, ma anche in termini di contenuto”. LA posizione espressa dal ministro delle Finanze austriaco, Gernot Bluemel è rafforzata anche dalla volontà dell’Olanda decisa a far passare un piano che si basa solo ed esclusivamente sui prestiti t non su stanziamenti a fondo perduto. Inoltre si oppongono anche alla raccolta di capitali sui mercati e ad un incremento della tassazione. Non solo, ma oltre ai prestiti, da parte loro viene chiesto l’obbligo di condizioni. In altre parole: riforme strutturali.
Le condizioni
Una condizionalità che è respinta dal blocco dei paesi del Sud che, di fatto, hanno visto accogliere la maggior parte delle proprie proposte, basate su stanziamenti per progetti di sviluppo. Per riuscire a trovare una quadratura del cerchio, la Commissione aveva perciò presentato il famoso Recovery Fund da 750 miliardi di euro. Ma solo una parte di questi, per giunta la minore, sarebbe stata concessa sotto forma di prestiti. Per di più Bruxelles aveva anche deciso di cancellare ogni tipo di condizionalità preferendo invece chiarire che le varie tranche degli stanziamenti sarebbero state date solo in presenza di raggiungimenti di target fiscali.
Le richieste di Berlino
La prossima videoconferenza è prevista per il 19 giugno ma con ogni probabilità, stando così le cose, difficilmente si potrà arrivare ad un’intesa. Più facile, invece, che si possa vedere qualcosa di più concreto nell’appuntamento di luglio. Anche aiutati dalla presidenza tedesca di turno dell'Ue affidata, in quel periodo, alla Germania, che appoggia il piano della Commissione Ue. Ma anche la Germania ha le sue richieste: un piano non da 750 miliardi ma da 500 e la restituzione della parte dei prestiti che dovrà avvenire in tempi più brevi di quelli proposti dalla Commissione.