Il primo bilancio che Joe Biden si appresta a presentare oggi al Congresso sarà accompagnato dai fuochi d'artificio: un budget da 6.000 miliardi dollari per il 2022, il più alto mai visto dagli Stati Uniti dalla Seconda Guerra Mondiale. D'accordo che la pandemia ha generato sconquassi assimilabili a un vero e proprio conflitto bellico, ma non si può certo dire all'inquilino alla Casa Bianca manchino le ambizioni.
Se il piano dovesse passare dal vaglio delle Camere, la spesa in deficit sarebbe di 1.300 miliardi di dollari l'anno, per 10 anni, ammontando complessivamente al 25% del PIL americano. Quest'anno il deficit federale è già arrivato a 2.300 miliardi di dollari, corrispondente al 10,3% del PIL. In base ai calcoli fatti dai più importanti istituti di ricerca, il debito pubblico a stelle e strisce salirebbe al 117% nel 2031.
L'enorme spesa pubblica dovrebbe diminuire gradualmente con la ripresa economica e l'aumento del gettito tributario. Quest'ultimo verrebbe infoltito dall'incremento della tassazione sulle plusvalenze finanziarie sui redditi superiori a 1 milione di dollari e da una nuova tassa sulla successione sulle plusvalenze con esenzione sempre fino a 1 milione.
Dove verrà indirizzata questa imponente mole di spesa pubblica è già stato anticipato in buona parte dall'Amministrazione USA nell'American Jobs Plan e nell'American Families Plan: infrastrutture, transizione energetica, scuola, alloggi, sanità, ricerca, ecc.
Piano Biden: la controproposta dei Repubblicani
Il progetto Biden dicevamo è molto ambizioso, ma al Congresso non sarà una passeggiata di salute. I Repubblicani sono pronti a dare battaglia e la maggioranza al Senato viaggia sul filo del rasoio. L'opposizione ha presentato una controproposta di 928 miliardi di dollari annui di spesa, più contenuta rispetto a quanto avanzato dalla Casa Bianca. E per il momento le parti è difficile che trovino un accordo, viste le distanze incolmabili su alcuni temi come l'assistenza agli anziani e ai disabili.
Il muro contro muro è reso ancora più evidente dalla questione della tassazione. I Repubblicani non digeriscono affatto l'aumento delle aliquote fiscali sulle società e sulle plusvalenze finanziarie, quindi propongono di riuscire a ricavare introiti dagli utenti di veicoli elettrici che hanno approfittato degli incentivi fiscali. La matassa insomma è difficile che venga dipanata prima del Memorial Day del 31 maggio, come vorrebbe Joe Biden.
Piano Biden: gli effetti sui mercati
Tutto sommato i mercati hanno reagito in maniera composta all'annuncio del piano di spesa da 6.000 miliardi di dollari. La principale preoccupazione rimane sempre l'inflazione, quindi che una quantità così rilevante di spese aggiuntive surriscaldi l'economia.
In realtà i rendimenti dei T-Note americani si sono stabilizzati, forse in virtù del fatto che le previsioni sul PIL USA del secondo trimestre da parte della Federal Reserve sono diminuite di un punto percentuale, passando dal 10,1% al 9,1% nell'arco di 10 giorni.
Nel contempo si sono anche ammorbiditi i prezzi delle materie prime, le quali provengono da un rally spaventoso. Questo potrebbe significare che il mercato comincia a temere un pò di meno l'inflazione, per quanto non crede del tutto che essa sarà un fenomeno temporaneo come va sostenendo di continuo la FED.
Ad ogni modo, il piano Biden è un test severo per il mercato azionario e obbligazionario, i quali stanno prendendo due strade opposte. Il primo punta sulla crescita aziendale e degli utili riflessi, quindi una quantità maggiore di denaro immesso nell'economia reale attraverso programmi giganteschi di spesa pubblica non può che favorire le aziende e le quotazioni azionarie che ne derivano.
Il secondo invece sembra più preoccupato delle conseguenze che avranno inflazione e tassi alti da un piano di questa portata. Il punto è che se si dovesse determinare una spirale di rendimenti elevati, questo finirebbe per condizionare anche il mercato azionario, come del resto si è visto negli ultimi mesi.