Cos'è la golden share? Come funziona? Vediamo insieme le caratteristiche di questo strumento a disposizione degli Stati, come si è evoluta la norma e qual è la situazione in Italia
Golden share: cos'è e come funziona
La golden share rappresenta uno strumento speciale dello Stato per esercitare il suo potere nei confronti di alcune aziende ritenute di importanza fondamentale nell'interesse dei cittadini. Tale strumento è stato anche oggetto di polemiche e di contrasti all'interno dell'Unione Europea, in quanto non considerato conforme ad alcuni principi fondamentali e alla libera legge di mercato. Per questa ragione vi è stata in Paesi come l'Italia un intervento normativo per modificarne la disciplina.
Il termine golden share significa azione d'oro e consiste in una serie di poteri dello Stato che esercita durante un processo di privatizzazione di un'azienda pubblica. Tali poteri essenzialmente consistono nella conservazione di una certa quantità di azioni e/o in alcuni aspetti decisionali come quello di inserire nel Consiglio d'Amministrazione della società privatizzata un rappresentante del Governo che abbia poteri più ampi.
L'obiettivo della golden share è quello di svolgere un servizio alla collettività in settori che lo Stato considera rilevanti come quello delle utilities. Non c'è alcuna quota minima di azioni che il Tesoro debba detenere per poter esercitare la golden share, ma l'istituto non è applicabile per quelle imprese controllate dall'Amministrazione pubblica prima o dopo il processo di privatizzazione.
Golden share: come si è evoluta
La golden share è stata introdotta all'inizio degli anni '90 a seguito dell'avvio delle operazioni di privatizzazione delle aziende pubbliche in diversi Paesi europei. Molte imprese di proprietà e gestione pubblica hanno cambiato il loro assetto proprietario e giuridico essendo sottoposte a norme di diritto privato.
Spesso però il processo per diventare private non è stato completato, perché lo Stato è rimasto socio, anche con una quota di capitale minima. Pertanto, dal momento che molte aziende erano impegnate nel settore delle public utilies, si è ritenuto opportuno prevedere delle clausole di garanzia nell'esercizio della tutela pubblica.
Nel 2007 c'è stata una sentenza da parte della Corte di Giustizia europea che ha affermato come l'istituto in alcune circostanze potrebbe violare i contenuti del Trattato UE. In buona sostanza darebbe allo Stato un potere sproporzionato rispetto alla sua partecipazione nel capitale di una società privata, in termini di poteri di opposizione, di nomina e di veto ogni qualvolta un soggetto intenda acquisire una quota rilevante delle società.
Per tale ragione in Germania si è avviata una procedura di infrazione in merito alla presenza del Governo nel gruppo Volkswagen. A Berlino è imposto un tetto del 20% delle azioni che possono passare a soggetti privati in alcune tipologie di aziende, nonché la nomina statale di 2 seggi nel Consiglio di Sorveglianza, indipendentemente dalla quota di partecipazione pubblica.
Golden share: la situazione italiana
In Italia la golden share è disciplinata dall'art.1 della legge 30 luglio 1994. n.474 e dal DPCM del 10 giugno 2004, modificato dall'art.1 del DPCM 20 maggio 2010 in tema di criteri di esercizio dei poteri speciali dello Stato. Inoltre vi è stato un importante provvedimento con la legge 25 febbraio 2008 n.34, con la quale è avvenuta la modifica dell'art.2449 del codice civile in materia delle società che fanno ricorso al capitale di rischio.
Nel 2009 l'Italia subì un'infrazione dalla Commissione Europea sulla golden share perché l'atto dello Stato contrasterebbe con la libera circolazione di capitali stabilita dal Trattato di Schengen. Dopo ampie discussioni, vi è stata una modifica cruciale per effetto della legge n.21 del 15 marzo 2012, nella quale l'istituto giuridico veniva superato dal golden power.
Quest'ultimo offre allo Stato strumenti proporzionati al rischio concreto, riconoscendogli l'esercizio del veto preventivo sulle acquisizioni. In tal caso l'apparato pubblico può intervenire solo in settori considerati strategici, riducendone la discrezionalità ma allargandone la sfera d'influenza.