In un periodo storico in cui in diversi Paesi industrializzati l'inflazione ha raggiunto livelli che non si vedevano da 40 anni, sentir parlare di deflazione risulta un po' anomalo. Come del resto anche l'inflazione, la deflazione è monitorata da vicino dalle Banche centrali, che hanno generalmente indicato la soglia del 2% come il target ideale di crescita dei prezzi al consumo, un livello considerato in grado di garantire uno svilppo armonico dell'economia.
Entriamo quindi nel dettaglio per capire in cosa realmente consiste la deflazione, quali effetti può produrre in un Paese e quali sono gli strumenti più adatti per combatterla.
Deflazione: cos'è e da cosa viene determinata
Contrariamente all'inflazione, la deflazione è la diminuzione dei prezzi di un certo paniere di beni. Da non confondersi con la disinflazione, che rappresenta invece una riduzione della crescita dei prezzi, la deflazione si manifesta quando i prezzi registrano una contrazione rispetto al precedente periodo di riferimento.
Ad esempio se l'indice dei prezzi al consumo di ottobre fa registrare un +3% rispetto ad un anno prima, e a novembre un +2,5%, parleremo di disinflazione perché i prezzi sono cresciuti, ma meno rispetto alla precedente rilevazione. Parliamo invece di deflazione quando il dato scende in territorio negativo.
Le cause per cui si possono rilevare fenomeni di deflazione sono sostanzialmente due. La prima ha a che fare con l'offerta di moneta. La teoria economica di Milton Friedman si basa sul fatto che l'inflazione rappresenti un fenomeno monetario poichè vi è una stretta relazione tra la crescita della massa monetaria M2 (quantità totale di moneta in circolazione più i conti correnti bancari e i fondi monetari liquidi) e l'aumento dei prezzi. Quando M2 si riduce vi è una tendenza alla diminuzione dei prezzi, quindi alla deflazione.
Questo essenzialmente accade perché la minore quantità di moneta in circolazione fa venir meno la domanda aggregata di beni e servizi. Tale situazione si manifesta quando una Banca Centrale vuole raffreddare l'economia, la cui crescita si basa sull'alto indebitamento. Agendo sulla variabile monetaria, ossia ritirando denaro dal sistema economico, l’istituto monetario pone un freno ai finanziamenti e quindi alla spesa dei consumatori.
La seconda causa può essere individuata in un miglioramento tecnologico che finisce per incrementare la produttività. Ciò implica un risparmio dei costi di produzione, e questo permette alle aziende di ridurre prezzi applicati ai consumatori finali.
Deflazione: quali sono gli effetti per l'economia
Un'economia che vive il fenomeno della deflazione solleva preoccupazioni. Se è vero che l'inflazione riduce il potere d'acquisto dei consumatori, mettendo a rischio la domanda, è altrettanto vero che con la deflazione il pericolo è rappresentato dalla contrazione dell'economia. I prezzi che calano, infatti, provocano una riduzione dei margini delle imprese, che se non riescono a coprire i costi fissi sono costrette a chiudere e a licenziare il personale. Questo potrebbe innescare un circolo vizioso, perché meno gente che lavora implica minore capacità di spesa a livello complessivo, con la conseguenza che i prezzi potrebbero continuare a scendere.
Un altro effetto negativo si ha nei confronti del sistema creditizio. L'inflazione è nemica del creditore, perché quando il denaro sarà restiuito avrà un valore minore, mentre la deflazione è nefasta per il debitore, poiché il valore reale del denaro da restituire e degli interessi da pagare tende a salire. Questo riduce la richiesta di prestiti e quindi va ad influenzare uno degli elementi essenziali dell'economia.
Deflazione: i rimedi
Per le Banche Centrali la deflazione è un problema. Le leve attraverso cui gli istituti monetari agiscono per cercare di risollevare i prezzi sono le stesse di quelle utilizzate per stimolare la crescita economica: l'espansionismo monetario e la riduzione dei tassi d'interesse.
Nel primo caso, la maggiore liquidità a disposizione degli istituti di credito andrà a finanziare imprese e famiglie, innescando un aumento degli investimenti, della domanda di mutui e dei consumi. La conseguenza di tutto ciò è la crescita dei prezzi.
Un effetto simile lo si ottiene con la riduzione del costo del denaro. Tassi più bassi, infatti, stimolano le banche a prendere a prestito dall'istituto centrale, aumentando l'attività di finanziamento al sistema economico. In questa maniera famiglie e imprese possono spendere di più, favorendo un incremento dei prezzi dei beni e servizi sul mercato.
Deflazione: il caso del Giappone
Un caso emblematico di un Paese che ha conosciuto lunghi periodi di deflazione è stato il Giappone. Nella seconda metà degli anni '80 lo scoppio della bolla immobiliare ha dato il la ad un periodo di stagnazione dei prezzi e dei salari in contesto in cui le aziende diminuivano la produzione e l'economia si contraeva.
Per circa 10 anni i prezzi continuarono a non salire e il PIL a crescere meno (1,4% rispetto al 4,2% degli anni '80), al punto che quel periodo è passato alla storia come "il decennio perduto". La deflazione e la bassa crescita economica hanno accompagnato il Sol Levante fino a quando il Premier Shinzo Abe non decise di attuare nel 2013 una strategia che prese il nome di Abenomics, un mix di stimoli fiscali e monetari senza precedenti per dimensioni. A quel punto i prezzi lentamente hanno ripreso il loro corso verso il tanto agognato 2%.
Oggi, con il mondo alle prese con un costo della vita devastante, in Giappone il problema dell'inflazione è molto meno sentito (+3,4% annuo, massimo dal 1989, per il dato di ottobre) è molto meno sentito. Non a caso la Bank è Japan è l'unica Banca Centrale, insieme a quella cinese, a potersi ancora permettere una politica monetaria accomodante.