Il carbone ha i giorni contati secondo la Gran Bretagna. Lo ha affermato il Presidente britannico della conferenza COP26 di Glasgow, Alok Sharma, citando uno studio che ha mostrato come il biossidio di carbonio rilasciato nell'atmosfera sia tornato quasi ai livelli pandemici. Sharma ha detto anche che 77 Paesi hanno firmato un impegno a eliminare nel tempo le centrali di carbone e ovviamente a smettere di costruirne di nuove. Attualmente tali centrali producono oltre il 35% dell'elettricità globale.
Bisogna dire tuttavia che, nonostante i progressi dal 2019, gli ostacoli per raggiungere le zero emissioni entro il 2050 sono molti, a cominciare dai Paesi come Cina, India e Indonesia che continuano a sfruttare le miniere di carbone a basso costo per crescere a dispetto dell'ambiente.
Transizione energetica: i principali ostacoli
Proprio i 3 Paesi imputati rappresentano oggi le resistenze più granitiche per poter arrivare ai grandi obiettivi climatici. Al riguardo il Governo del Regno Unito ha pubblicato ieri un elenco di 190 Nazioni da cui si aspetta la firma di un impegno non vincolante per cancellare l'energia a carbone con gradualità prima del 2040 per gli Stati più ricchi ed entro il 2050 per quelli più poveri. Nella lista mancano proprio Cina, India e Indonesia.
Il Ministro delle Finanze indonesiano, Mulyani Indrawati, ha asserito che il Paese, che oggi rappresenta il più grande esportatore di carbone al mondo e utilizza il combustibile per il 65% dell'energia domestica, necessita di finanziamenti per poter effettuare la transizione verso l'energia rinnovabile. L'India nei giorni scorsi si è di fatto chiamata fuori ribadendo che le zero emissioni sono impossibili da attuarsi prima del 2070.
Il problema dei fondi comunque si riflette su tutti i Paesi emergenti e in via di sviluppo, che avrebbero dovuto ricevere 100 miliardi in aiuti nel 2020 e che forse li otterranno nel 2023. Ad ogni modo per ora l'Indonesia si è impegnata a eliminare gradualmente la produzione di energia dal carbone dagli impianti esistenti, ma non a interrompere il finanziamento a nuovi impianti.
Sulla questione quest'anno è intervenuta più volte l'Agenzia Internazionale per l'Energia, sostenendo che per poter arrivare alla completa decarbonizzazione per la metà del secolo non dovrebbe essere approvato nessun progetto sui combustibili fossili a partire dal 2022.
In questo le Nazioni Unite sono state molto chiare: se la temperatura globale aumenterà di oltre 1,5 gradi centigradi rispetto al livello preindustriale, ci sarebbero dei danni per la Terra irreversibili in termini di tempeste, alluvioni, frane, siccità e inondazioni. Oggi siamo arrivati quasi al limite, visto che l'aumento è stato di 1,1 gradi centigradi.
Cambiamento climatico: alcuni passi avanti
Qualcosa comunque si sta muovendo a livello generale. Almeno 20 Paesi hanno promesso di fermare i finanziamenti pubblici per i progetti di combustibili fossili all'estero entro la fine del 2022, mentre Gran Bretagna e Stati Uniti hanno annunciato una partnership da 8,5 miliardi di dollari per sostenere il Sudafrica nell'eliminazione più rapida di CO2.
Danimarca e Costa Rica guidano il Beyond and Gas Alliance, uno sforzo per togliere le materie prime inquinanti all'interno dei propri confini, che potrebbe vedere la partecipazione di altri Paesi. Nel 2020 le emissioni di anidride carbonica sono diminuite del 5,4%, ma su questo ha influito pesantemente il blocco delle attività derivante dalla pandemia. Quest'anno già si vede un'inversione, con il Global Carbon Project che prevede emissioni in aumento del 4,9%.