Al termine dell'ultima riunione la
Federal Reserve ha aperto ad una
pausa nel processo di rialzo dei tassi d'interesse partito nel 2022. Il punto è se il break della Fed sarà temporaneo o permanente. Questo si riallaccia ad altre variabili. La Banca centrale statunitense ha riferito che il lavoro sull'inflazione non è finito, facendo trapelare il messaggio che potrebbe tornare a inasprire la sua politica monetaria se il carovita dovesse rialzare la testa.
Nel contempo però altre due mine vaganti rischiano di far saltare il tavolo. Una riguarda la crisi bancaria, che è tornata argomento rovente dopo con il salvataggio di emergenza della First Republic Bank ed un periodo di pausa a seguito del fallimento di tre importanti istituti di credito. Il trambusto nel settore finanziario potrebbe accelerare una recessione incombente, che difficilmente troverebbe la Fed in versione falco.
Un'altra mina vagante concerne il mercato del lavoro. I dati di venerdì scorso sono stati troppo forti per essere trascurati. L'occupazione americana desta una preoccupazione inconsueta rispetto a quella che di solito manifesta, ovvero l'economia USA sta correndo ancora troppo e potrebbe innescare altri focolai inflazionistici. Nel mirino di una serie di fuochi incrociati, la Fed dovrà prendere decisioni delicate che potrebbero condizionare gli investimenti.
La statistica promuove Treasury e dollaro USA e boccia azioni e oro
Il mercato naviga quindi nell'incertezza, ma alcune idee le ha chiare. Secondo il
FedWatch Tool del CME, che misura le aspettative del mercato attraverso il prezzo dei futures sui fondi federali, vi è una
probabilità del 4% che la Banca centrale aumenti nuovamente i tassi a giugno, a fronte di una probabilità del 96% che si fermi. Inoltre, i mercati stanno già scontando una probabilità superiore al 50% che l'istituto guidato da
Jerome Powell tagli i tassi entro la fine di settembre.
Sulla base di queste indicazioni, è possibile azzardare una certa tendenza al rischio da parte degli investitori. Bank of America fa però un'analisi sul comportamento dei vari assets di mercato dopo che la Fed ha attuato l'ultimo aumento dei tassi, posto sempre che quello di aprile sia realmente il rialzo finale. Per la precisione, la banca americana prende in esame i rendimenti nei tre mesi successivi ai 10 ultimi rialzi dei tassi degli ultimi 50 anni. Al termine della ricerca, si possono scorgere aspetti interessanti. BofA punta sui titoli del Tesoro USA e sul dollaro USA; mentre sta alla larga da azioni e oro.
Entrando nello specifico, il colosso finanziario del Nord Carolina riporta come i titoli di Stato abbiano rendimenti medi del 7% dopo l'ultimo rialzo dei tassi Fed nei cicli inflazionistici. E per 9 volte su 10 il rendimento è positivo. Anche il dollaro USA ha avuto un andamento positivo quando la Banca centrale ha terminato il ciclo delle strette per abbattere l'inflazione. Il biglietto verde ha ottenuto un rendimento medio trimestrale del 5%, salendo per 7 volte su 10.
Il discorso cambia per le azioni. Per il 50% delle volte l'equity rende negativo dopo l'ultimo aumento della Fed alla fine di un ciclo economico in generale, ma se questo riguarda l'inflazione la percentuale si eleva a 100, con una perdita media del 3%. Quanto all'oro, nonostante lo splendido momento di forma che lo ha portato a ridosso dei massimi storici, per gli amanti del metallo giallo non ci sono buone notizie dalla statistica. Infatti, per 7 volte su 10 il prezioso si è indebolito dopo l'ultimo rialzo del costo del denaro, con una perdita media del 13%.