- Numeri preoccupanti giungono da Washington sul covid-19;
- L'economia americana a rischio recessione;
- La Fed, di concerto con le altre banche centrali, pronta a prendere posizioni nette;
- Il mercato azionario ha vissuto una settimana da incubo, corsa ai beni rifugio con qualche anomalia.
Anche gli Usa infettati dall'epidemia
I numeri che giungono da Washington segnalano la seconda vittima americana per effetto del coronavirus. All'uomo di Seattle di oltre 50 anni e con un quadro clinico abbastanza compromesso deceduto ieri, nella notte si è aggiunto alle vittime un uomo di 70 anni sempre a Seattle in condizioni precarie di salute. Quanto basta per mettere in allarme la Casa Bianca, con Trump intenzionato a incontrare presto le compagnie farmaceutiche per garantire il pronto e dovuto approvvigionamento di farmaci alle strutture sanitarie del paese, con lo scopo anche di intensificare i controlli. Nel contempo il Dipartimento di Stato ha alzato a 4 il livello di allerta con raccomandazioni precise agli americani di non recarsi nelle regioni infettate dal virus. Anche le compagnie aeree americane si sono attivate, come già successo per la Cina: American Airlenes ha bloccato i voli da e per Milano fino al 24 aprile 2020, Delta Air Lines fino al 1° maggio. United Airles per ora si è messa in una posizione di attesa. La situazione in Europa continua a precipitare, in Francia e in Germania i casi di contagio sono saliti a 130. In Italia invece si è giunti a 1.694 come cifra di infettati, con 34 morti.
I danni sull'economia americana
Anche se Donald Trump ha provato a minimizzare i rischi di un contagio su larga scala, le preoccupazione degli americani riguardano soprattutto la sostenibilità del sistema sanitario se la situazione dovesse aggravarsi. A parte le polemiche relativa all'inadeguatezza dei test locali fatti per rilevare il coronavirus, il punto sarà proprio quello di stabilire come i cittadini statunitensi riusciranno ad avere accesso alle cure, visto i costi della sanità privata USA. E' già successo che americani rimpatriati dalla Cina hanno dovuto fare i conti con spese sanitarie salate per far fronte al viaggio aereo, al trasporto in ambulanza e alle cure mediche successive. Questo è un aspetto che il Presidente americano deve risolvere al più presto in vista anche delle elezioni presidenziali alle porte. I danni per l'economia a stelle strisce si preannunciano essere importanti anche in altri campi. Il settore del turismo potrebbe secondo le stime perdere fino a 5,8 miliardi di dollari per effetto di un calo delle prenotazioni dei viaggi del 15%, i produttori di auto hanno visto calare l'export in Cina del 92% in poco più di due settimane, mentre per smartphone e computer si stima una riduzione produttiva rispettivamente del 2,3% e del 9% nel 2020. Per questo tra gli analisti serpeggia un certo pessimismo dovuto ad una possibile recessione della prima superpotenza mondiale, cosa che allarmerebbe ulteriormente i mercati e le istituzioni. Moody's ad esempio ritiene con una probabilità del 40% che l'economia Usa possa arretrare, mentre Morgan Stanley teme addirittura una stagflazione, dovuta alla minaccia dell'inflazione per effetto della stagnazione degli investimenti per gli effetti di cui sopra.
La Fed è pronta a intervenire
Venerdì scorso, prima della chiusura di Wall Street, vi è stato l'annuncio della banca centrale americana che è pronta a tagliare i tassi di interesse più volte nel 2020. Il mercato quindi si aspetta già il primo taglio nella riunione del 18 marzo e Goldman Sachs prevede addirittura tre decurtazioni del costo del denaro entro l'estate. All'annuncio della Fed è seguito questa notte il comunicato del governatore della Bank of Japan, Kuroda, che ha iniettato 4,7 miliardi di dollari con lo scopo di mantenere una certa stabilità dei mercati gravemente compromessa per via del dilagare dell'epidemia. In questa direzione mercoledì potrebbe muoversi la banca centrale canadese con il primo di una lunga serie di tagli dei tassi. Insomma, le banche centrali sembra abbiano intenzione di operare di concerto, ma sarà efficace la politica monetaria alla lunga? Secondo Goldman Sachs nel breve ci potrà essere per gli investitori la sensazione di avere le banche centrali come alleate ma poi emergeranno le crepe nel cuore dell'economia causate dalla situazione contingente e le borse ne risentiranno. Citigroup va giù ancora più pesantemente, sostenendo l'inutilità della politica monetaria di fronte ad un quadro complicato che solo la politica potrebbe sbrogliare con delle misure fiscali mirate.
Una settimana da incubo per i mercati
In questo contesto i mercati hanno vissuto una settimana thrilling con gli indici americani che hanno tutti perso oltre il 10% di capitalizzazione, con il VIX, l'indice di volatilità che rappresenta il termometro delle preoccupazioni degli investitori, che lambisce quota 50. Il denaro si è spostato dall'azionario ai beni rifugio, dove lo yen è la valuta più comprata. Apparentemente anomali gli andamenti di altri due beni rifugio: il franco svizzero e l'oro. Nell'escalation della crisi, si sono stranamente indeboliti. Il cross Eur/Chf ha trovato un muro estremamente robusto a quota 1,06 dove vi è la vigilanza attenta da parte della SNB, mentre l'oro una volta nei pressi di 1.700 dollari l'oncia, è precipitato di 3 punti percentuali nella giornata di venerdì. La motivazione in quest'ultimo caso starebbe nella liquidazione delle posizioni da parte degli operatori per coprire le perdite che hanno subito nell'azionario. Questo significherebbe che, da qui in avanti, se la situazione, già compromessa sui mercati, dovesse peggiorare ci potrebbe essere una ripartenza del metallo giallo verso nuovi orizzonti che vedono come primo obiettivo il massimo storico a 1.900 dollari.