La Bank of Japan è la Banca Centrale del Giappone e ha sede a Nihonbashi , Chūō , Tokyo. I suoi compiti principali sono:
- l'emissione e il controllo della moneta;
- l'attuazione della politica monetaria;
- la regolamentazione del sistema finanziario per garantirne la stabilità;
- le operazioni sui titoli di Stato;
- le operazioni di compilazione di dati, di analisi economiche e di attività di ricerca.
Bank of Japan: struttura organizzativa
Il funzionamento della Banca Centrale giapponese è garantito attraverso 3 principali organi:
- Policy Board, che è l'elemento decisionale dell'istituto e si occupa di determinare le linee guida relative alla politica monetaria;
- I funzionari della Banca, che fanno parte del Policy Board tra cui, oltre il Governatore e il Vice Governatore, sono compresi i revisori dei conti, i direttori esecutivi e i consiglieri;
- I dipartimenti, le filiali e gli uffici, presenti in Giappone e all'estero. In Patria i dipartimenti sono 15, le filiali 32 e gli uffici 14.
Bank of Japan: origini e sviluppi
La Bank of Japan fu fondata il 10 ottobre 1882 a Meiji a seguito del Bank of Japan Act istituito il 27 giugno dello stesso anno. Con la costituzione della Banca Centrale, il denaro smise di essere emesso dal Governo e delle banche nazionali, diventando appannaggio di un unico istituto bancario centrale a cui fu concesso nel 1884 il monopolio del controllo monetario.
Tutte le banconote che erano state emesse in precedenza furono via via ritirate, ma ci vollero 20 anni prima che l'ultima banconota fosse ancora in circolazione. Le prime emissioni della BoJ avvennero nel 1885. La Banca Centrale del Giappone era in parte pubblica e in parte privata, con le azioni che infatti venivano scambiate sui mercati azionari. La sua operatività avveniva principalmente negli uffici di Tokyo e di Osaka.
Durante la Seconda Guerra Mondiale le funzioni dell'istituto furono sospese e la valuta messa in circolo fu quella militare. Quelli furono gli anni in cui fu rielaborato il Bank of Japan Act e la Bank of Japan fu riorganizzata.
Bank of Japan: le sfide degli anni '70
Terminato il conflitto bellico, la BoJ condusse una politica monetaria ispirata al modello cinese, in cui l'istituto controllava il credito delle banche commerciali. La prima grande sfida avvenne agli inizi degli anni '70 quando l'inflazione cominciò a crescere e si prospettò uno scenario di apprezzamento valutario per contenere i prezzi.
In realtà questo non avvenne e il cambio dello Yen soprattutto nei confronti del Dollaro USA continuò a rimanere fisso generando un eccesso di liquidità e una spirale inflazionistica che raggiunse un tasso del 10%. Ad aggravare la situazione il primo shock petrolifero del 1973. A quel punto il Giappone si trovò a vivere il fenomeno della stagflazione, ovvero della coesistenza dell'inflazione e della recessione del Paese.
La nuova situazione spinse la BoJ ad aumentare il costo del denaro di due punti percentuale dal 7% al 9%, il che gradualmente portò i prezzi a rientrare dai continui rialzi. Il secondo shock petrolifero del 1979 fece ripiombare il Sol Levante nella stessa situazione di pochi anni prima e la Banca fu lesta ad alzare i tassi per riportare la Nazione alla normalità.
Bank of Japan: il taglio dei tassi degli anni '80
Una volta superata la fase critica della crisi energetica, la BoJ cambiò radicalmente strategia e iniziò una serie di riduzioni dei tassi che passarono dal 9% del 1980 al 5,5% di fine 1981.
In quegli anni però spuntò un altro problema. La politica fiscale espansionistica di Reagan in USA rilanciò l'America ed ebbe come effetto collaterale la manifestazione del superdollaro. Tra il 1980 e il 1985 il biglietto verde si era apprezzato di circa il 50% nei confronti delle valute delle quattro più grandi economie dopo gli Stati Uniti, che erano Giappone, Germania, Francia e Gran Bretagna. Basti pensare che a metà degli anni '80 il cambio USD/JPY era arrivato a 240.
Il 22 settembre 1985 i Ministri delle Finanze e dai Banchieri centrali dei Paesi dell’allora G5 firmarono all'Hotel Plaza di New York un accordo per effettuare interventi coordinati atti a limitare la forza del Dollaro americano. Infatti nel corso del 1986 un Dollaro valeva 160 Yen, quindi in calo del 33% rispetto a un anno prima.
L'indebolimento eccessivo del Dollaro stava creando eccessivi squilibri nella bilancia dei pagamenti così, in controtendenza a quanto deciso nell'accordo del Plaza, i Ministri delle Finanze e i Banchieri centrali stavolta del G7 stipularono un nuovo accordo il 22 febbraio 1987 a Parigi, nel museo di Louvre. Il patto stabiliva una serie di azioni per frenare la corsa al ribasso del Dollaro USA, soprattutto nei confronti di Yen e Marco tedesco. Così la BoJ ridusse il tasso ufficiale di sconto portandolo al 2,5% fino a maggio 1989.
Bank of Japan: gli anni '90 e la deflazione
La BoJ dovette affrontare una questione molto spinosa, che fece vedere le prime luci nella seconda metà degli anni '80 ma che culminò dopo il terremoto in Giappone nel gennaio 1995. Parliamo della deflazione. Quel tragico evento diede una forza incredibile allo Yen che arrivò al punto che il cross USD/JPY toccò quota 80. Fu allora che la BoJ ridusse il costo del denaro allo 0,5%.
Nel 1997 il Bank of Japan Act fu revisionato e con questo si diede maggiore indipendenza alla Banca Centrale nella conduzione della propria politica monetaria, sebbene l'istituto fu più volte contestato di avere acquisito un potere eccessivo in merito.
Nel 1999 la BoJ introdusse la ZIRP (zero interest rate policy), in virtù della quale il tasso overnight fu condotto praticamente a zero, ma fu di durata temporanea per l'opposizione del Governo.
Bank of Japan: il Quantitative Easing
La bolla delle Dot-com scoppiata all'inizio del nuovo millennio mise le Banche centrali di tutto il Mondo di fronte al problema di rilanciare l'economia attraverso un allentamento quantitativo. Con lo spettro della deflazione che in Giappone si faceva sempre più minaccioso, la BoJ fu la prima tra gli istituti centrali ad adottare il Quantitative Easing, ovvero un ampio piano di acquisti nel tempo di obbligazioni pubbliche e private con lo scopo di favorire la circolazione di denaro nell'economia reale.
Quello fu solo il primo round, terminato nel 2006 con il rialzo dei tassi di un quarto di punto, dopo che per 6 anni il costo del denaro era praticamente fermo a zero.La crisi dei mutui subprime del 2008 riportò l'economia mondiale in uno stato emergenziale e la BoJ riprese il Quantitative Easing interrotto, riconducendo i tassi in prossimità dello 0%.
Con l'elezione del Primo Ministro Shinzo Abe nel dicembre 2012 e l'arrivo di Haruhiko Kuroda alla guida della Banca del Giappone il 5 aprile 2013, il Quantitative Easing diventò Quantitative and Quantitative Easing, abbreviato a QQE. L'aggiunta stava a indicare un potenziamento del programma di acquisto di titoli e obbligazioni, con lo scopo di raddoppiare il tasso d'inflazione del Giappone nell'arco di due anni.
Il programma fu definito Abenomics e, con alcune modifiche, è ancora in funzione. Gradualmente il Sol Levante è riuscito a uscire dall'incubo deflazione e i prezzi sono tornati lentamente a crescere. Tuttavia l'allentamento monetario non ha prodotto gli effetti sperati e la recessione del 2020 dovuta alla pandemia da Covid-19 ha fatto riaffacciare lo spauracchio del tasso negativo di crescita dei prezzi, con cui il Paese ha dovuto fare i conti per più di 20 anni.