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Il crollo del petrolio mette in secondo piano la mossa della PBoC per rilanciare le borse;
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L'accordo del 9-10 aprile non è bastato per mantenere almeno stabili i prezzi;
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Gli analisti non vedono un futuro roseo per il greggio se prima non si riprendono le attività produttive.
Il petrolio è al collasso. Già durante la seduta asiatica il WTI ha iniziato una discesa forsennata e in questo momento perde il 20% a 14 dollari. Migliore è la tenuta del Brent che fa registrare un calo più contenuto a poco meno di 26 dollari al barile. Era dal 1999 che non si vedevano quotazioni così basse. Questo ha anche condizionato l'andamento delle Borse nella notte, incapaci di assorbire positivamente il taglio dei tassi della Banca Popolare Cinese. La PBoC ha infatti portato dal 4,05% al 3,85% il tasso primario sui prestiti a un anno, e dal 4,75% al 4,65% il tasso a cinque anni. A preoccupare gli investitori lo sviluppo della pandemia a livello generalizzato che ha ormai raggiunto la quota di oltre 2 milioni e 400 mila casi confermati di contagio nel mondo e oltre 165 mila decessi. Ma anche il contagio di ritorno nella città di Wuhan che aveva dato l'inizio a tutto. In Europa le Borse seguono un andamento piatto, mentre i Future di Wall Street segnano un calo appena sotto l'1%. I mercati americani aveva chiuso venerdì le due migliori settimane degli ultimi 82 anni in scia al possibile accordo tra democratici e repubblicani sul reintegro del fondo speciale da 350 miliardi di dollari a sostegno delle imprese in difficoltà.
Le ragioni del tracollo del greggio
Gli investitori sono rimasti basiti di fronte a questo ulteriore crollo dell'oro nero dopo l'accordo senza precedenti raggiunto pochi giorni fa durante l'incontro tra i leader dell'OPEC+ e le compagnie petrolifere americane. Proprio partendo dalle decisioni prese nel meeting del cartello si può individuare la principale causa dello shorting pesante che sta colpendo le quotazioni del greggio. Il taglio dell'offerta di 9,7 milioni di barili giornalieri è poca roba rispetto al drammatico calo della domanda che sarà destinato a proseguire, viste le previsioni del PIL mondiale da parte dei più importanti istituti di analisi e ricerca. Da qui si viene a creare un problema enorme di immagazzinamento. Gli impianti di stoccaggio stanno raggiungendo la saturazione nonostante le raffinerie abbiano ridotto del 30% l'estrazione di petrolio. Secondo quanto scrive Bloomberg, a confermarlo è il centro di stoccaggio di Cushing in Oklahoma. Proprio in Oklahoma, che è il punto di smistamento per il greggio Texano, è stata raggiunta la quota del 57% della capacità massima di estrazione, in base ai dati dell'EIA. Oggi, con 160 milioni di barili a bordo delle navi, le major del settore stanno pensando di vendere a prezzi stracciati pur di liberarsi del carico e questo inevitabilmente spingerebbe ancora più in basso le previsioni sui prezzi.
Le quotazioni così basse si spiegano anche con la scarsa fiducia che i trader hanno sul mantenimento dell'accordo da parte dei produttori russi e sauditi ma anche di quelli americani. La tregua o l'armistizio che si sono venuti a determinare dureranno a lungo? Le raffinerie texane fanno fatica a recepire le indicazioni di Washington e continuano a estrarre, le compagnie saudite perseverano ad applicare sconti alla clientela in diverse zone asiatiche. A corollario di tutto questo bisogna considerare anche le tensioni che costantemente permangono in Paesi come Venezuela, Iran e Nigeria che contribuiscono alla produzione globale. Un'altra ragione del calo dei prezzi la individua il settimanale inglese The Economist. La pandemia, scrive il giornale, cambierà le abitudini dei lavoratori, grazie allo sviluppo dello smart working. Questo determinerà meno viaggi, meno voli e quindi meno domanda dei combustibili fossili. Per questa ragione alcune grandi compagnie energetiche come Eni potrebbero convintamente nel tempo convertire la produzione in energie alternative.
Infine bisogna considerare l'effetto contango che si è determinato sui future del WTI che ha spinto la quotazione del greggio texano molto più in basso rispetto al Brent. Questo è avvenuto per via degli aggiustamenti di portafoglio effettuati da parte di un fondo speculativo americano, lo US Oil Fund, dopo le richieste da parte della SEC. L'autorità di vigilanza e regolamentazione infatti spiega che il fondo da venerdì 17 aprile ha cominciato a investire sui contratti futures in scadenza nel mese di giugno, liquidando quelli in scadenza nel mese di maggio. Questo ha inevitabilmente inasprito le quotazioni proprio perché le operazioni sono state messe in piedi dal più grande ETF sul petrolio al mondo. Basti pensare che oggi il fondo controlla il 25% delle posizioni sul WTI, con una quota di 3,8 miliardi di dollari gestiti.
Il futuro del petrolio: conviene investire adesso?
Il prezzo attuale del greggio fa molta gola agli investitori, non c'è dubbio. Però sarà molto importante valutare la tempistica riguardo la ripresa dei prezzi in quanto ciò potrebbe fare davvero la differenza. Ad oggi lo shail oil americano è passato a un eccesso strutturale di 7 milioni di barili al giorno da 1 milione del 2019. Prima dello scoppio della pandemia il mercato riusciva già a fatica ad assorbire 100 milioni di barili al giorno, ma allo stato attuale questo è inimmaginabile e si creano degli scoperti di 30 milioni di barili da smaltire. L'incognita è se l'uscita dal lockdown e quindi la ripresa di tutte le principali attività produttive riusciranno a colmare almeno in parte questo gap. Sempre secondo l'Economist l'accordo del 9-10 aprile si fonda su basi fragili, quindi è totalmente insufficiente per rilanciare le quotazioni del greggio. Ma molto dipenderà dalle prossime mosse di Trump che sarà molto interessato all'appoggio degli Stati produttori come Texas, Pennsylvania e Ohio, per la rielezione alle presidenziali di novembre. Quindi nella sua capacità di trovare delle soluzioni per smaltire le scorte che si accumulano delle shail americane sarà tracciato il destino dell'oro nero nei prossimi mesi.
A marzo gran parte degli analisti davano una previsione di 30 dollari al barile come prezzo medio per il 2020, alla luce degli ultimi fatti presumibilmente le stime andranno riviste. Secondo i più pessimisti il petrolio scivolerà sotto i 10 dollari al barile. Inoltre bisogna considerare l'effetto contango che distorce inevitabilmente i prezzi. Secondo Bloomberg investire in questo momento sul WTI può andar bene per gli speculatori di breve che sfruttano l'effetto volatilità, mentre per gli investitori che hanno intenzione di tenere la commodity a lungo nel portafoglio ciò può rivelarsi una trappola proprio a causa del contango. Infatti il roll yield negativo che si viene a determinare passando da un future a breve a quello a lungo decurterà la plusvalenza fino anche al 30%. E questo soprattutto per le azioni in tal senso esercitate in questi giorni dal fondo US Oil Fund.