Charlie Munger non è mai banale nelle sue esternazioni. Nella conferenza di Sohn a Sydney, il 97enne socio in affari di Warren Buffett ha calato una sentenza inquietante sui mercati azionari: sono più sopravvalutati di quelli dell'era dot-com di 20 anni fa. Sappiamo tutti poi come è andata a finire allora e stavolta i segnali che le quotazioni azionarie possano precipitare ci sono tutti.
La variante Omicron è una preoccupazione costante, sebbene da parte delle Autorità sudafricane arrivino rassicurazioni. Ancora gli scienziati però stanno studiandone il comportamento e solo tra qualche settimana si avranno indicazioni più precise. Intanto alcuni Paesi stanno procedendo con misure restrittive, che potranno diventare più serrate qualora il nuovo ceppo seguitasse a dilagare.
Le Borse stanno mostrando di conseguenza una certa frenesia alternando momenti di panico a rimbalzi. La situazione si fa più preoccupante se si considera l'alta valutazione dei titoli quotati, come sostiene Munger. Un indicatore economico accende una spia: si tratta del rapporto tra la capitalizzazione totale di mercato di Wall Street e il PIL americano. All'epoca delle dot-com aveva raggiunto un livello del 150% prima del crollo, oggi si colloca al 210%. Munger sostiene che questo "è un ambiente ancora più folle."
Charlie Munger: meglio se le criptovalute non fossero esistite
Il Vicepresidente di Berkshire Hathaway non è stato molto tenero nemmeno con le criptovalute, da sempre ripudiata dal 97enne di Omaha. Munger ha detto che avrebbe preferito che non fossero mai state inventate ed esprime ammirazione nei confronti della Cina che ha deciso di vietarle nel Paese. Ricordiamo che Pechino le ha completamente sradicate dal territorio cinese a tutti i livelli, sia riguardo il mining, che per quanto concerne gli investimenti e la detenzione.
Munger aggiunge che in USA si è presa la decisione sbagliata e considera insopportabili questi "folli boom" che si osservano ogni giorno. Oggi le criptovalute hanno raggiunto una capitalizzazione di mercato di oltre 2.600 miliardi di dollari, una cosa impensabile solo fino a un anno fa. Ma ora l'interesse degli investitori è molto alto per pensare di distruggerle così come si è fatto in Cina, nonostante su questo Munger non sia proprio d'accordo.
Charlie Munger: ben venga la transizione energetica
La decarbonizzazione totale è una cosa molto intelligente, per Charlie Munger, di cui tutto il mondo ne trarrebbe giovamento. A suo giudizio sarebbe altrettanto intelligente se non ci fosse il riscaldamento globale. A questo riguardo ha affermato di essere rialzista sulle energie rinnovabili, su cui è possibile puntare per sfruttare 149,2 miliardi di dollari in contanti che Berkshire Hathaway ha generato alla fine del terzo trimestre di quest'anno.
Alcuni passi avanti importanti si sono fatti con la COP26 di Glasgow, dove i Paesi di tutto il mondo hanno sottoscritto un impegno per eliminare gradualmente l'emissione di CO2 dall'emisfero terrestre. La sensazione però è che di lavoro ancora ce n'è da fare tanto, alla luce soprattutto della crisi energetica che sta interessando buona parte del pianeta e che ancora rende i Paesi dipendenti dai combustibili fossili.