- L'EUR/USD sarà oggetto di attenzione in questi mesi a causa delle elezioni presidenziali americane;
- Una vittoria di Trump farebbe aumentare la pressione sulla FED per un dollaro debole;
- Se dovesse trionfare Biden maggiore stabilità politica nei rapporti con Bruxelles ma i mercati temono lo spauracchio tasse
Le elezioni presidenziali americane che si sosterranno a novembre rappresentano un crocevia importante per i mercati finanziari. In questo momento il dibattito s'infiamma su quanto una vittoria di un candidato o di un altro potrà condizionare l'umore degli operatori. Un tema che sicuramente terrà banco da qui ai prossimi mesi è quello che riguarda il Dollaro USA e più in particolare il rapporto con l'Euro, la valuta principale di riferimento.
Il cambio EUR/USD quest'anno ha guadagnato il 6% spingendosi fino a 1,20, livello che non vedeva da oltre due anni. A dar forza alla moneta unica una migliore gestione da parte dell'Europa del contagio da Coronavirus di quanto non abbiano fatto gli Stati Uniti d'America, dove il Covid-19 sembra essere andato fuori controllo. A nulla sono servite le rassicurazioni di Trump al proposito: ancora oggi la pandemia rappresenta un incubo da cui probabilmente l'America non si sveglierà molto presto.
EUR/USD: scontro con la BCE se dovesse vincere Trump
La BCE non ama un Euro molto forte, sebbene controllare la valuta non rientri a pieno titolo negli obiettivi del suo mandato. I piani di politica monetaria potrebbero però essere alterati con una divisa che si rafforza troppo. Questi non si coniuga con tutta l'economia dell'Eurozona che si regge sulla forza delle esportazioni e che quindi verrebbe resa meno competitiva.
Dal canto suo Donald Trump non ha mai fatto mistero del fatto che un Dollaro USA troppo robusto sarebbe un danno per l'economia statunitense, soprattutto se questo lo si rapporta alla politica dei dazi che mira a esaltare il made in USA penalizzando l'import.
L'attuale inquilino alla Casa Bianca in caso di vittoria potrebbe continuare come ha sempre fatto ad esercitare pressioni sulla FED perché indebolisca il biglietto verde attraverso la politica dei tassi. Da quando Trump è diventato Presidente degli Stati Uniti l'Eur/Usd si è apprezzato dell'8% e l'economia a stelle e strisce è cresciuta molto di più rispetto a quella europea.
EUR/USD: attenzione alle tasse se dovesse vincere Biden
Una vittoria di Joe Biden non farebbe calare l'attenzione sul Dollaro forte in via diretta, però potrebbe attirarla per vie traverse. La politica fiscale di Trump in questi anni si è tutta concentrata sulla detassazione alle imprese e alle famiglie. Questo è stato apprezzato dai mercati azionari, che solitamente non amano le strette fiscali. Infatti si è visto con le quotazioni delle azioni che hanno raggiunto livelli record. La cosa si è riflessa sul mercato valutario e si è assistito in questi ultimi anni alla forza del super Dollaro.
Adesso i mercati temono che se lo sfidante alle elezioni dovesse avere la meglio, il Governo democratico attuerebbe una politica tutta basata sulla spesa pubblica e sull'aumento delle tasse. Ciò da un lato significherebbe che la FED sarebbe chiamata a finanziare i programmi di spesa con iniezione abbondante di denaro, dall'altro che i mercati perderebbero fiducia per effetto di imposizioni fiscali più esose. Giocoforza la moneta USA ne potrebbe risentire e venire penalizzata rispetto all'Euro.
EUR/USD: conclusioni
Alla fine chiunque prevalga alle urne, ci saranno molti fattori che incideranno sull'andamento del cross valutario. La pandemia ha fatto assottigliare il gap di crescita tra USA ed Europa: è molto meno probabile rispetto a prima che l'Euro possa venire schiacciato dall'imponenza del biglietto verde. Di certo Biden oggettivamente potrebbe garantire una maggiore stabilità nei rapporti con Bruxelles.
Trump viceversa trascinerebbe l'Europa nelle agonie diplomatiche legate ai dazi che quantomeno creerebbero volatilità nel rapporto tra le due monete. Sullo sfondo c'è sempre la dinamica dei contagi e le politiche legate a doppio filo della FED e della BCE. Alla lunga tutto questo potrebbe fare la differenza soprattutto se si pensa che, rispetto a Washington, Francoforte agirebbe con il freno a mano tirato per via delle ataviche diaspore partigiane tra falchi e colombe all'interno del Board.