Bitcoin ha raggiunto un nuovo record storico nel fine settimana, affacciandosi in area 50.000 dollari. A suonare la carica è stata Morgan Stanley, che ha riferito circa la possibilità di investire in Bitcoin nell'ambito del suo piano da 150 miliardi di dollari. L'affermazione arriva in coda a una serie di incoraggiamenti nei confronti della criptovaluta per eccellenza effettuati nei giorni scorsi da istituzioni importanti come Tesla, BNY Mellon e Mastercard.
La società guidata da Elon Musk ha depositato alla SEC una documentazione che rileva un investimento di 1,5 miliardi di dollari in Bitcoin, mentre la banca americana ha reso noto un nuovo progetto denominato Digital Asset, grazie al quale i suoi clienti possono custodire, trasferire ed emettere valute digitali. Per quanto riguarda invece il leader dei pagamenti con le carte di credito ha annunciato che nel corso del 2021 includerà alcune criptomonete nel circuito di trasferimenti di denaro.
Bitcoin: l'eccessiva volatilità segnerà il suo declino
Dall'inizio dell'anno la prima criptovaluta per capitalizzazione ha già incamerato un +70% e sono in parecchi a sostenere che il trend rialzista potrebbe spingersi almeno fino a 100.000 dollari. Anche perché, dopo gli endorsement dell'alta finanza, presumibilmente ci saranno altre grandi aziende e istituzioni che si faranno avanti per accettare Bitcoin come una vera e propria asset class.
Tuttavia esistono dei venti contrari che non credono nella blockchain. Uno di questi è l'autore del libro "Il Cigno Nero", Nassim Nicholas Taleb. Secondo il saggista libanese ed ex trader di opzioni, il Bitcoin è un fallimento perché presenta una volatilità che va a condizionare il prezzo di un bene. Non solo, la principale moneta digitale non è in grado di frenare la frode fiscale e il riciclaggio del denaro, al contrario li agevola.
Taleb non è il solo detrattore del Bitcoin. Verso la fine del 2020 anche l'economista Nouriel Roubini aveva dipinto tutto il settore delle criptovalute come un pozzo nero in cui le Autorità di regolamentazione dovranno presto o tardi metterci mano per disciplinare un sistema che può andare fuori controllo.
Criptovalute: Bitcoin una minaccia ambientale?
Al di là delle previsioni più o meno ottimistiche per il futuro, un aspetto sembra incontrovertibile: il Bitcoin rappresenta una minaccia ambientale. A rilevarlo è uno studio di ricercatori dell'Università di Cambridge, che ha messo in luce quanto lo svolgimento di calcoli informatici per verificare le transazioni della moneta virtuale comporti una produzione immane di energia.
Con questo, la quantità di anidride carbonica sprigionata risulta importante e fa suonare un campanello d'allarme nell'ambito della lotta per il cambiamento climatico. Per entrare nei dettagli, produrre Bitcoin equivale a consumare 121,36 terawattora annui, ovverosia più del quantitativo energetico di tutta l'Argentina.
L'accademico di ricerca dell'ateneo Michel Rauchs sostiene che in futuro tutto ciò non potrà di certo migliorare, a meno che non si verifichi una condizione: il crollo della criptovaluta. E questa non sarebbe una buona notizia per gli investitori.