Da quanto tempo si dice che i titoli che fanno parte del gruppo FAANG potrebbero prima o poi crollare a Wall Street perché oggetto di una bolla che non potrà gonfiarsi all'infinito? Però gli investitori continuano a puntare sull'innovazione e la tecnologia, perché Facebook, Apple, Amazon, Netlix e Google continuano a far soldi, resistenti a ogni intemperia dei mercati.
A questo punto ci si chiede cosa potrà mai cambiare l'ordine delle cose, quale sarà in altre parole il motivo scatenante che farà allontanare i trader di tutto il Mondo dalle Big Tech, riportando i prezzi di Borsa in sintonia con quelle che sono le valutazioni dei fondamentali.
Eppure sforzandosi di trovare un appiglio utile che possa far pensare a un'inversione di tendenza, l'unica cosa che forse può essere usata da conforto per i contrarian dei titoli FAANG rimane il riferimento a qualche ricorso storico.
FAANG: la storia preannuncia un crollo
Già, proprio la storia insegna che i trend non durano all'infinito, soprattutto se sono frutto di enormi bolle che sono state sedimentate negli anni. A metà degli anni '60 vi era un gruppo di titoli che potevano essere accostati ai FAANG in versione vintage. Tale gruppo comprendeva aziende come IBM, Xeros, Eli Lilly, General Electric e Gillette.
Per diversi anni i fondi che si riempivano delle azioni di queste grandi aziende si fregiavano di performance sfavillanti, fino a quando non arrivò il primo shock petrolifero che accompagnò la recessione del 1973-74. Da quel momento sui mercati azionari si materializzò un'onda ribassista come mai accaduto da quando ci fu la Grande Depressione del '29.
All'epoca quei titoli prezzavano in media a più di 50 volte i guadagni attesi a fronte di un P/E del Dow Jones Industrial di appena 15. Ci volle una catastrofe di quelle proporzioni per realizzare che certe valutazioni non stavano in piedi.
La storia si ripeté a cavallo tra la fine degli anni '90 e l'inizio del nuovo millennio. Allora i FAANG erano società come Microsoft, Cisco System, Computer Dell, Pfizer e Wal-Mart. La loro fenomenale ascesa fu spazzata via dallo scoppio della bolla delle Dot-com, che si portava dietro aziende con multipli di 70, assolutamente fuori da ogni logica.
FAANG: gli insegnamenti storici che se ne traggono
Questi episodi preannunciano quindi una cassandra per i FAANG? Probabilmente la risposta a questa domanda potrebbe essere svuotata di significato se si valuta la cosa da un'altra prospettiva. Le grandi aziende, che hanno una certa solidità economica e finanziaria, sono sempre sopravvissute alle peggiori perturbazioni.
Così Microsoft, Google e Amazon sono diventate quelle che sono diventate anche dopo la bolla Dot-com e niente lascia intendere che una corposa correzione a seguito di una tempesta non possa rilanciare comunque i FAANG nel lungo termine.
Uno studio di James Siegel, professore di finanza presso la Wharton School of the University of Pennsylvania a Philadelphia, ha dimostrato che alla fine del 1972, quindi prima dello scoppio della crisi energetica, chi avesse acquistato un'azione facente parte del gruppo delle aziende menzionate sopra avrebbe ottenuto in 25 anni lo stesso rendimento dell'indice S&P 500. Questo dimostra che è sempre importante vincere la guerra e non la battaglia. E in finanza non si fa eccezione.