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I prezzi degli indici azionari hanno raggiunti livelli troppo elevati rispetto agli utili prodotti dalle aziende;
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Il CAPE Ratio fornisce indizi importanti sull'andamento delle quotazioni future in base a quanto successo in passato;
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Ci sono almeno quattro ragiorni per prestare la massima attenzione prima di comprare azioni a questi livelli di prezzo
La corsa sembra inarrestabile. Nonostante il Coronavirus e i riflessi nefasti che lo stesso ha avuto sull'economia mondial, alcuni titoli azionari, soprattutto quelli legati all'alta tecnologia, hanno raggiunto performance sbalorditive. In particolar modo sorprende la cavalcata di Apple che in un anno ha più che raddoppiato la capitliazzazione, da 900 a 1.950 miliardi di dollari, con un P/E passato da 16,9 a 35.
Il punto è che con questi prezzi eccezionali, l'investitore rimane spiazzato in quanto si chiede se lo spazio di crescita sia ancora elevato oppure la corsa stia per arrivare al capolinea. Un utile indicatore statistico che potrebbe venire in soccorso per valutare se le azioni siano effettivamente troppo sopravvalutate è il Cyclically Adjusted Price Earnings Ratio, meglio conosciuto come CAPE Ratio.
Il magazine Fortune, che tratta temi di carattere economico e finanziario, fa un'analisi storica proprio basandosi sull'andamento dell'indicatore negli anni passati.
CAPE Ratio: cos'è e perché è importante
Il CAPE Ratio è stato elaborato dall'economista Robert Shiller e rappresenta una versione più evoluta e affidabile del parametro Price/Earnings. Più precisamente l'indice misura il rapporto tra il prezzo delle azioni e gli utili, però aggiustato per il ciclo economico in atto.
Come spiega Shiller, l'indicatore va usato facendo una media degli ultimi 10 anni del P/E, in quanto quest'ultimo ha un valore diverso a seconda del fatto che in certo momento storico il mercato sia euforico oppure depresso. Di conseguenza l'obiettivo è quello di smussare gli effetti del ciclo economico, evitando di gonfiare i prezzi in un periodo di recessione che spinge i profitti delle aziende al di sotto della media storica.
In altri termini si vanno a ricercare tutti quei segnali che presagiscono una bolla azionaria. Secondo l'economista, il valore del CAPE Ratio è molto interessante per comprare fin quando il livello si mantiene fino a 10, quando va oltre occorre drizzare le antenne in quando potrebbe essere un campanello d'allarme.
Azioni: cosa ci sta dicendo il CAPE Ratio in questo periodo?
La pandemia in corso ci dà una chiave di lettura molto diversa rispetto a quella che si userebbe normalmente. La crisi che ha investito tutto il tessuto economico-sociale si è riversata sui profitti aziendali, gravemente compromessi. Il calo degli utili ovviamente tende a gonfiare il rapporto P/E se non è seguito da un proporzionale calo dei prezzi di mercato; questo rende l'indicatore P/E inaffidabile in un contesto storico siffatto.
Alcuni analisti USA sottolineano come il CAPE Ratio indica un livello di 31,1 ai prezzi di Wall Street del 5 agosto, livello raggiunto solo altre tre volte nella storia. Almeno riguardo il periodo coperto dalle rilevazioni di Shiller.
Esaminando come si è comportato l'indice S&P 500 quando il CAPE Ratio ha raggiunto questi livelli possiamo notare che i risultati non sono molto incoraggianti.
La prima volta che accadde questo fu durante la famosa Crisi del '29. Il principale indice del listino americano scese del 30% dopo due anni, aumentando la perdita al 54% dopo cinque anni e, a dieci anni di distanza, ancora registrava un calo del 42%.
La storia si è ripetuta 58 anni più tardi, esattamente nel 1997, in concomitanza con la Crisi delle Tigri Asiatiche. Il CAPE Ratio si tenne a livelli incredibili fino al 2001, con un'impennata di oltre 40 punti per un periodo di 21 mesi. Alla base dell'eccessiva quotazione azionaria vi era la febbre per i titoli tecnologici. Nel giugno del '99 il guadagno azionario di Wall Street crebbe fino al 51%, ma i prezzi crollarono rovinosamente quando scoppiò la bolla delle dot.com nel 2001. I listini americani ripresero la corsa fino al 2008, quando un'altra tempesta finanziaria, quella dei mutui subprime, annullò tutti i guadagni ottenuti fino ad allora e riportò le quotazioni ai livelli di partenza.
La terza occasione in cui il CAPE Ratio ha superato la soglia dei 31 punti è successa nel novembre 2017. Ad oggi il guadagno dello S&P 500 è del 28% e in questo momento per la quarta volta l'indicatore è su quei livelli.
Conclusioni: quattro ragioni per non comprare azioni
A questo punto la domanda che viene spontaneo farci è cosa potrà succedere adesso. Secondo gli analisti di Wall Street, dagli indizi raccolti si possono trarre 4 conclusioni:
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Una volta che il CAPE Ratio ha superato il livello di 30, nel breve i guadagni possono essere importanti, ma quando l'orizzonte temporale si estende si avverte spesso un'inversione di tendenza. Questo fa pensare che da novembre 2017 i profitti di Wall Street sono molto invitanti, ma l'evidenza storica fa pensare che non dureranno ancora a lungo;
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L'indice S&P 500 trae grande impulso quando il CAPE Ratio tocca nuove vette ma, superato il periodo di massimi e una volta che l'indicatore torna ai livelli di partenza, i prezzi azionari cominciano a scendere anche violentemente. Durante la Grande Depressione il CAPE Ratio è passato da 30 a 1; nel 2002 da 31 a 21. A questo è seguito un sell-off disastroso sui mercati azionari;
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Ogniqualvolta che il CAPE Ratio raggiunge il livello di 31 è più probabile che si contragga piuttosto che si mantenga a quei livelli. A quel punto la crescita dei valori azionari dipende essenzialmente dalla capacità di produrre utili. In una situazione di crisi economica sembra quasi lapalissiano che tale capacità venga meno;
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Il CAPE Ratio è correlato in maniera inversa ai tassi d'interesse. Attualmente con tassi molto bassi il valore dell'indice è elevato ma, quando la situazione ritorna normalità e il costo del denaro verrà alzato dalle Banche Centrali, il CAPE Ratio tende a contrarsi e i prezzi azionari a scendere. Qui la storia insegna che è meglio comprare quando l'indicatore è basso (come nel 1980 e nel 2008) e non il contrario (come nel 1966 e nel 2000).