ENI è l'ottavo gruppo petrolifero a livello mondiale. Oggi è una multinazionale che opera in 66 Paesi e dà lavoro a oltre 32 mila persone. La società è presente nei settori del petrolio, del gas naturale, della chimica, della produzione e distribuzione dell'energia elettrica e delle energie rinnovabili. La sua storia ha conosciuto varie tappe: la politica di Enrico Mattei che aveva destabilizzato gli equilibri energetici mondiali, gli shock petroliferi, gli scontri con Montedison e lo scandalo della tangente Enimont. Ripercorriamoli insieme.
ENI: le origini
L'ENI è stato fondato come ente pubblico nel 1953 dalla legge n.136 del 10 febbraio. Il motivo fu determinato dai ritrovamenti di pozzi di metano in Pianura Padana dall'AGIP, azienda statale sul punto di essere liquidata. L'eccezionale scoperta aprì un lungo confronto parlamentare per istituire un ente che avesse il monopolio nella ricerca di idrocarburi e gas naturali nella Val Padana.
Così nacque l'Ente Nazionale Idrocarburi che controllava altri istituti già esistenti come AGIP, ANIC e SNAM, sotto la presidenza di Enrico Mattei. Il colosso statale non ebbe il benestare da parte degli altri gruppi industriali privati che operavano nel ramo petrolifero. Anzi, alcuni come Montecatini ed Edison insorsero in quanto consideravano quella di ENI una concorrenza sleale, essendo che gli investimenti venivano finanziati dallo Stato.
ENI: gli anni '50 e gli sviluppi
Già dai primi anni di attività, ENI conobbe un grande sviluppo, non tanto per i ritrovamenti petroliferi che si mostrano scarsi, quanto per le varie reti di gasdotti, di distributori di benzina e di autostrade che si vennero a creare. In quegli anni nacque anche il polo petrolchimico di Ravenna che insidiò la leadership di Montecatini nel ramo dei fertilizzanti.
L'attività dell'ente condotto da Enrico Mattei non si limitò solo alla ricerca e all'estrazione degli idrocarburi, ma cominciò piano piano ad allargarsi nel campo metalmeccanico. Nel 1953 infatti venne acquisito il Nuovo Pignone di Firenze che produceva compressori e macchinari industriali. In verità l'azienda stava fallendo e lo Stato andò in soccorso per evitare che più di 1000 dipendenti perdessero il posto di lavoro. Nel tempo però l'acquisizione attraverso ENI si sarebbe rivelata importantissima in quanto, grazie alla società fiorentina, l'ente di Stato costruiva le pompe di benzina.
A causa del fabbisogno energetico che in Italia cresceva a dismisura, Enrico Mattei cominciò a tessere relazioni importanti con i Paesi africani e concluse accordi per la ricerca e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi. In cambio ENI, tramite le controllate SNAM e Saipem, si impegnava nella progettazione e implementazione in loco di oleodotti e raffinerie.
Questa luna di miele tra ENI e i Paesi in via di sviluppo turbò il sonno delle Sette Sorelle del petrolio che avevano costituito all'epoca un Cartello dell'energia. Il conflitto tra Mattei e le Sette Sorelle deflagrò quando il manager di Stato riuscì a spuntare concessioni particolarmente favorevoli con la NIOC, la prima compagnia petrolifera del Medio Oriente. Questo rappresentò il preludio per i fatti tragici e misteriosi che accaddero qualche anno più tardi.
ENI: gli anni '60 e la scomparsa di Enrico Mattei
È indubbio che con la sua politica energetica, Enrico Mattei era diventato un personaggio scomodo. Nel 1962 morì in un incidente aereo nei pressi di Bascapé, un Comune italiano nella provincia di Pavia. La sua dipartita ancora oggi è avvolta da una coltre di mistero, in quanto gli Organi giudiziari non sono mai riusciti a risalire ai mandanti del sabotaggio dell'aereo che trasportava il manager italiano. Il posto di Enrico Mattei fu preso da Marcello Boldrini che però viveva all'ombra del dirigente più autorevole, ovvero Eugenio Cefis.
La morte di Mattei impresse un cambiamento radicale nella politica del gruppo. Non si cercò più assiduamente la ricerca e l'estrazione, ma si pensò di stringere contratti di fornitura di greggio, come quello con la Esso, rasserenando in questo modo i rapporti con le Sette Sorelle.
Quegli anni furono caratterizzati però dai conflitti con i concorrenti nel settore chimico. ENI investì quantità enormi di capitali nei programmi di sviluppo dell'ANIC e ciò ebbe come conseguenza che i principali competitor, Montecatini ed Edison, si fusero nel 1966, dando vita alla Montedison. A questo punto ENI, due anni più tardi acquistò le azioni della Montedison diventando primo azionista ed entrando nel patto di sindacato.
ENI: gli anni '70 e la crisi petrolifera
Gli attriti tra ENI e Montedison continuarono lungo tutti gli anni '70 nonostante si cercò di fare una programmazione coordinata degli investimenti. La diversità di vedute tra i vertici delle due società si riversarono costantemente sulla serenità del gruppo.
La situazione si aggravò con lo shock petrolifero del 1973 dove l'aumento del prezzo del petrolio non potè essere riversato sui prodotti che derivavano dal greggio per via del blocco dei prezzi che il Governo aveva imposto. Questo si riflesse sui bilanci dell'ente di Stato che cominciarono a chiudere in perdita per la prima volta.
Molte imprese andarono in grave difficoltà a causa della crisi petrolifera ed ENI assunse il ruolo di ente di salvataggio per evitare che molti lavoratori rimanessero a casa. Gli investimenti però proseguirono e nel 1974 furono costruiti dei gasdotti per importare metano dall'Unione Sovietica e dai Paesi Bassi.
ENI: gli anni '80 e le privatizzazioni
L'inizio del decennio sancì l'uscita definitiva di ENI dalla Montedison che pose termine a una logomachia che durava da tanti anni. La situazione economico finanziaria del gruppo però non era delle più fiorenti, infatti parecchi erano i rami secchi e le perdite fioccavano.
Così nel 1983, sotto la presidenza di Franco Reviglio, si decise di dismettere il settore tessile con la decapitazione di Lanerossi che era una delle principali artefici dei conti in rosso di ENI. Le privatizzazioni continuarono nei settori dell'abbigliamento, metallurgico e minerario con alcune società che furono cedute sempre con lo scopo di risanare il bilancio.
Nel 1989 venne costituita Enimont e l'anno successivo ENI acquisì il 100% delle quote per una cifra di 2.800 miliardi di vecchie lire.
ENI: gli anni '90 e la tangente Enimont
Nel 1992 ENI diventò una Società per Azioni con decreto legge n.333 dell'11 luglio dell'allora Governo Amato, con Gabriele Cagliari che divenne Presidente e Franco Bernabè che ricoprì il ruolo di Amministratore Delegato. A quel punto l'ente di Stato non era più una holding del modello simile all'IRI che controllava una serie di aziende strategiche e non, bensì mutò in una società con una governance più snella.
Nel 1993 scoppiò lo scandalo della tangente Enimont dove venne scoperta la creazione di fondi neri per finanziare alcuni partiti politici. Lo shock provocato da quel fatto portò i vertici del gruppo a una ristrutturazione dove fu via via ridotto il ruolo della chimica all'interno delle attività aziendali. Di conseguenza anche il personale fu molto ridimensionato.
Nel 1995 ENI si quotò nella Borsa di Milano e New York e quello fu il primo passo per un'uscita graduale del Tesoro dal capitale azionario. Infatti per tutta la seconda metà degli anni '90 lo Stato cedette azioni fino a raggiungere una quota appena superiore al 30% che gli consentiva comunque di detenere il controllo della società e di ottenere dei buoni dividendi da reinvestire. Il controllo veniva esercitato in virtù della golden share introdotta dalla legge n.474 del 30 luglio 1994, secondo cui lo Stato mantiene il potere decisionale anche se non ha la maggioranza dei voti nell'assemblea dei soci.
ENI: gli anni 2000 e le energie rinnovabili
All'inizio del nuovo millennio il gruppo decise un cambiamento epocale imboccando la strada della transizione energetica. Infatti cominciò a tessere relazioni con aziende che operavano nel settore e nel 2007 firmò un accordo con l'Istituto Donegani per sviluppare nuove tecnologie che riguardavano le rinnovabili.
L'anno successivo ENI e MIT, società specializzata nei pannelli solari, intrapresero un percorso formativo che si concluse con la nascita nel 2010 di Eni-Mit Solar Frontiers Center, che è un centro multidisciplinare creato con lo scopo di promuovere e accelerare la ricerca nelle tecnologie solari.
Il passaggio all'energia verde proseguì lungo tutto il decennio successivo con la creazione del polo per la chimica pulita a Porto Torres nel 2011, la bioraffineria di Porto Marghera nel 2014 e la messa in funzione del primo impianto fotovoltaico in Sardegna nel 2018.
Il 2019 è stato un anno speciale perché è stato costruito un impianto fotovoltaico anche in Porto Torres ed è stato creato il più innovativo impianto di biocarburanti europeo a Gela. Complice l'avvento del Coronavirus, nel 2020 ENI ha messo a punto un grande progetto per la decarbonizzazione delle attività industriali ed è stata premiata come la migliore compagnia petrolifera dell'energia sostenibile.