Le crisi di varie natura che si sono riversate sul sistema finanziario hanno inciso pesantemente sulle banche italiane negli ultimi 15 anni. Prima i mutui subprime con il conseguente fallimento della Lehman Brothers, poi quella dei debiti sovrani europei con la Grecia che è stata commissariata e per finire lo scoppio della pandemia di Covid-19, hanno finito per mettere a dura prova i bilanci degli istituti di credito del Belpaese.
Le politiche espansionistiche delle Banche centrali che hanno in pratica azzerato i tassi d'interesse e le strette riguardo i vincoli sul capitale hanno fatto il resto, sebbene alla fine le operazioni di pulizia di bilancio riferiti ai crediti deteriorati hanno fornito alle banche una nuova veste di maggiore solidità patrimoniale.
Banche italiane: 5 motivi per comprare le azioni
La ripresa economica che è appena iniziata, parallelamente alla campagna vaccinale che procede spedita, ha dato motivi affinché le banche possano riscattarsi. Con la conseguenza che i titoli in Borsa potrebbero avviare con un nuovo rally sospinto, oltre che dal ciclo economico a cui le azioni dei finanziari sono strettamente interconnesse, anche da altri fattori determinanti. Ve ne sono almeno 5, vediamoli insieme.
Operazioni di M&A
In questo periodo sono molte le possibili aggregazioni che vedono coinvolte diverse banche italiane. Le combinazioni interessano colossi come UniCredit, Banco Bpm, BPER, Banca Monte dei Paschi di Siena e banche minori come Banca Popolare di Sondrio e Carige.
Oltre a creare dei veri poli finanziari, il principale vantaggio consiste nello sviluppo di sinergie che riescono ad ammortizzare il peso dei crediti in sofferenza che gli istituti hanno maturato durante la pandemia. Il 2021 potrebbe essere l'anno in cui più M&A potrebbero vedere la luce, ma già il mercato ha scontato nei prezzi una buona parte delle eventuali nozze.
Ritorno dei dividendi
La Banca Centrale Europea ha stoppato la distribuzione dei dividendi delle banche in questo ultimo anno e mezzo, con lo scopo di preservare le risorse per curare gli effetti nefasti del Covid-19 sui bilanci. Adesso che il peggio sembra essere alle spalle, dal 30 settembre 2021 gli istituti italiani torneranno a pagare le cedole.
Il 23 luglio la BCE si riunisce per decidere il via libera che, se i dati sui contagi confermeranno la tendenza positiva della discesa, potrebbe essere poco più che una formalità. Andrea Enria, Presidente del Consiglio di vigilanza bancaria dell'Eurotower, nelle ultime ore ha dichiarato che il blocco ai dividendi è stato uno strumento eccezionale e non può avere caratteri di normalità.
Rialzo dei tassi d'interesse
Uno dei principali gravami che hanno dovuto sostenere le banche ha riguardato i tassi d'interesse bassi. Questo perché esse non hanno potuto essere redditizie sul margine d'intermediazione. Adesso i rendimenti stanno gradualmente crescendo, rafforzati da attese inflazionistiche e da eventuali adeguamenti futuri delle Banche centrali.
Dalle ultime rilevazioni del mese di marzo, ad esempio, il costo sul denaro prestato alle famiglie attraverso i mutui è incrementato in media dello 0,07%, mentre quello sui finanziamenti alle imprese dello 0,12%. Nel contempo, l'onere pagato sulla raccolta è rimasto pressoché stabile a un livello medio dello 0,33%.
Aumento del MOL
Le banche si stanno attrezzando per migliorare l'offerta su base commissionale, generando un aumento di ricavi derivanti dai servizi di pagamento, incasso e riscossione, nonché dalle attività legate all'intermediazione sui mercati finanziari, dal trading e dall'asset management.
Tutto questo potrebbe maggiormente risaltare in caso di fusioni e acquisizioni. I costi tenderebbero allo stesso tempo a diminuire per i maggiori investimenti nel digitale e nell'home banking, che hanno fatto ridurre il numero di sportelli e il personale. Di conseguenza il margine operativo lordo delle banche dovrebbe crescere nei prossimi tempi.
Vantaggi fiscali
I vantaggi fiscali per gli istituti di credito italiano arriverebbero attraverso 2 canali: uno con il recupero delle perdite dei precedenti esercizi che andrebbero ad abbattere il reddito imponibile nei prossimi anni; un altro derivante dalle agevolazioni delle Deferred Tax Asset che il Governo italiano potrebbe ampliare nel caso in cui si desse vita alle aggregazioni che sono in gestazione.
Si stima ad esempio che, in caso di fusione tra UniCredit, Banco Bpm e MPS, per la banca senese il risparmio in termini di tasse sarebbe di circa 3 miliardi di dollari. E non è poco viste le condizioni finanziarie in cui versa la più antica banca del mondo.