La stagione degli utili è particolarmente attesa per le compagnie petrolifere e del gas, dal momento che la grande cavalcata dei prezzi delle materie prime presumibilmente porterà a risultati portentosi. Oggi rilascerà i risultati il gigante energetico francese TotalEnergies, domani sarà il turno di Chevron ed Exxon Mobil, mentre Devon Energy e Pioneer Natural Resources pubblicheranno i dati trimestrali la prossima settimana.
È molto probabile che le major energetiche avranno accumulato tanto di quel denaro che ora la principale domanda che si pongono gli investitori è come intenderanno utilizzarlo. Ma soprattutto, anche alla luce di tutto questo, i trader si chiedono se questo sia il momento propizio per entrare a mercato comprando le azioni del settore, oppure se il treno sia già passato.
Quest'anno il comparto energetico è cresciuto in Borsa intorno al 30%, battendo tutti gli altri settori di Wall Street. Nell'ultimo mese però è in discesa di circa 3 punti percentuali e questo potrebbe essere un segnale di fine corsa. Nel trimestre, le compagnie petrolifere dovrebbero globalmente riportare svalutazioni per 34 miliardi di dollari per via della loro esposizione verso la Russia.
Azioni big oil: alcuni rischi da valutare
Uno dei problemi principali che devono affrontare le compagnie energetiche, in particolare quelle del petrolio, è relativo alla produzione. I prezzi elevati delle materie prime permettono di ottenere profitti senza agire su economia di scala. Il timore è che se dovessero pompare di più rischierebbero di fare crollare i prezzi, dal momento che l'eccesso di domanda che si registra in questo momento sul mercato verrebbe riequilibrata. Questo poi rischierebbe di riflettersi sulle quotazioni azionarie, che hanno raggiunto livelli molto alti e che un'ondata di vendite potrebbe sgonfiarle.
Un altro rischio può essere determinato dal fatto che l'aumento delle spese per le attrezzature di perforazione e per la manodopera impatti negativamente sul free cash flow futuro, inducendo gli investitori a ritirarsi dalle azioni. Questo però non sarebbe un problema secondo alcuni analisti come Devin McDermott di Morgan Stanley, essendo che i produttori che sborsano grande liquidità possono tenere il passo con l'aumento dei costi, offrendo ottimi rendimenti agli investitori.
Marcus McGregor, responsabile della ricerca su energia e materie prime presso l'asset manager Conning, ritiene che il rischio effettivo per il settore sia determinato dalle transazioni di fusioni e acquisizioni, in quanto ciò comporta una maggiore spesa per l'esplorazione.
Big oil: in arrivo dividendi e buyback?
La grande liquidità accumulata in questi mesi dalle compagnie energetiche solletica l'appetito degli investitori, che si aspettano maggiori premi in termini di dividendi e riacquisti di azioni.
Neal Dingmann, managing director di Truist Securities, prevede che le società continueranno a fare grandi pagamenti agli azionisti, con una tendenza crescente di quelle che rapportano le cedole alla capacità di produrre free cash flow. Questo potrebbe comportare che nel secondo trimestre si vedranno dividend yield maggiori del 10% e buyback che ridurrebbero il numero di azioni in circolazione fino al 25%.