Il nuovo BTp a 10 anni collocato dal Tesoro ha fatto il pieno tra gli investitori stranieri, che hanno sottoscritto l'85,4% dell'emissione da 10 miliardi, che ha ricevuto una richiesta complessiva di 67,7 miliardi, coinvolgendo oltre 330 investitori. Il titolo, emesso tramite sindacato, ha scadenza 1° dicembre 2031 e cedola annua dello 0,95%.
Nuovo BTp a 10 anni: investitori esteri in cerca di rendimenti
In questa emissione del Ministero dell’Economia e delle Finanze l'estero è stato il più attivo nell'emissione, che ha visto il coinvolgimento di circa 35 Paesi, con la quota più rilevante del collocamento, circa l’80%, sottoscritta da investitori europei provenienti in particolare da Regno Unito (43,1%), Germania, Austria e Svizzera (11,3%), penisola iberica (8,6%), Francia (6,8%), Paesi scandinavi (6,7%), Paesi dell’Europa centro-orientale (1,3%) e altri Paesi europei (2,2%). La restante quota dell’emissione, pari al 5,4%, è stata collocata al di fuori dell’Europa, in particolare nel Nord America (2,3%) ed in Asia (3,1%)
La maggiore quota del collocamento è stata sottoscritta da fund manager (il 60,6%), mentre gli istituti bancari ne hanno sottoscritto il 22,3%. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 11,2% dell’emissione, mentre agli hedge fund è stato allocato il 5,9% dell’ammontare complessivo.
Il collocamento è stato effettuato tramite la costituzione di un sindacato composto da BNP Paribas, Crédit Agricole Corp. Inv. Bank, Goldman Sachs Bank Europe SE, HSBC Continental Europe e Intesa Sanpaolo, che hanno partecipato in veste di lead manager, mentre gli altri specialisti in titoli di Stato hanno rivestito il ruolo di co-lead manager dell’operazione.
Al momento, il bond italiano è il titolo più redditizio di tutta l’area euro. Le prospettive però non appaiono incoraggianti, vista la tendenza rialzista dei rendimenti sui mercati obbligazionari mondiali. L’Italia dovrebbe segnare un deficit fiscale quasi al 12% del PIL quest’anno. Il dato potrebbe essere rivisto al ribasso nel caso di una ripresa economica migliore delle previsioni. A sua volta, essa richiederebbe allo Stato minori emissioni di debito nella seconda metà dell’anno.