La crisi energetica globale sta facendo impennare le quotazioni dei metalli di base, che negli ultimi giorni stanno macinando record su record. Lo zinco ha raggiunto il livello più alto da 14 anni con i future sul London Metal Exchange in rialzo fino al 6,9% oggi a 3.614 dollari la tonnellata, prima di ritracciare a +2,64%. Il rame è prossimo alla soglia dei 10.000 dollari a tonnellata dopo il balzo del 5% avuto questa mattina. Inoltre la differenza tra il prezzo spot e quello dei futures è la più alta da quasi 10 anni. L'alluminio vola a 3.156 dollari, con un rialzo del 3,38% che lo colloca ai massimi del 2008.
Materie prime: rischio alto di inflazione
Dalla Cina all'Europa stanno arrivando tagli in serie alle forniture di metalli, che hanno bisogno di una quantità considerevole di energia nella lavorazione durante i processi produttivi. La scarsità energetica ha fatto aumentare i costi dell'elettricità e del gas naturale, riflettendosi sul prezzo delle materie prime. Nystar, uno dei più grandi produttori di zinco, ha fatto sapere che taglierà il rifornimento a 3 grandi fonderie europee fino al 50%.Alcune imprese cinesi avevano già ridotto le tirature, ma ora il problema energetico sta invadendo le principali province della Cina che producono zinco.
Secondo la società di ricerca Shanghai Metals Markets, i prezzi sono destinati a restare alti in quanto la crisi energetica continua a impattare in maniera determinante sul mercato dei metalli. L'analista Daniel Briesemman di Commerzbank mostra preoccupazione al riguardo, poiché ritiene che il mercato dello zinco sarebbe seriamente sottofornito qualora la produzione dovesse essere limitata per un periodo di tempo prolungato.
La paura che tutto questo possa innescare un meccanismo inflattivo fuori controllo è molto reale. In Cina a settembre i prezzi di fabbrica sono aumentati con una rapidità che non si vedeva da 26 anni. Infatti, secondo L'Ufficio Nazionale di Statistica, l'indice dei prezzi alla produzione è salito del 10,7% rispetto al 2020, battendo le previsioni e raggiungendo i massimi dal novembre 1995. Il governatore della Banca Popolare cinese, Yi Gang, ha dichiarato a un forum del G20 che l'inflazione cinese è moderata, ma da qui al contagio delle industrie europee che dipendono da Pechino il passaggio è molto breve.
Materie prime: urge risolvere problema energetico
La soluzione ovviamente va trovata a monte. Il caos che si è venuto a creare nel mercato energetico pone tutti quanti di fronte a una dura realtà: ancora c'è un enorme bisogno dei combustibili fossili per rifornire il mondo di energia. Le forme alternative più pulite avranno tempo per crescere ma ancora sono insufficienti a soddisfare il fabbisogno.
La stessa Cina, paladina di una transizione energetica portata avanti con strenuo coraggio, sta clamorosamente indietreggiando. Ora il Governo sta spingendo affinché le centrali di carbonio aumentino la capacità produttiva. Un passo indietro che servirà da esempio per gli altri? Probabile. In questo momento il pianeta ha da affrontare un'urgenza che non può essere messa in un angolo. Il prezzo da pagare con un'avanzante stagflazione è troppo alto per un'economia globale caduta in rovina sotto i colpi della pandemia.