Il 2021 è stato indubbiamente trionfale per le Borse mondiali, con l’indice azionario globale che a poche sedute dalla fine dell’anno sfiora il 30% di rialzo. Meglio ancora ha fatto Wall Street, con la Borsa americana foriera di un generoso +35%. Queste però sono performance aggregate. Andiamo ora a vedere come sono andati i vari settori. Ancora una volta fare delle scommesse settoriali, intese nel più classico dei termini e quindi escludendo i tematici, ha portato benefici da una parte e risultati poco esaltanti dall’altra.
ETF settoriali: il podio delle performance 2021
Prendendo i dati al 16 dicembre 2021 presenti su ETF Database e andando diretti sull’emittente con più capillare copertura del mercato americano, ovvero gli ETF di SPDR, scopriamo che con un rotondo +66% il settore americano più performante è stato quello legato alle azioni energy. Distaccato di 20 lunghezze percentuali il settore finanziario, penalizzato negli ultimi mesi da un progressivo appiattimento della curva dei rendimenti, una tendenza poco amica degli istituti finanziari. La tecnologia si posiziona poco dietro con circa il 40% di guadagno, consolidando l'incredibile +170% messo a segno negli ultimi 3 anni. Performance che stride parecchio con l’enorme sforzo di recupero dell’energy, che però in tre anni non va oltre il +5%.
Scorrendo la classifica settoriale, in linea con l’andamento dell’indice principale americano S&P 500, troviamo Consumer Staples, Materials e Health Care. Sotto quota +30% abbiamo industriali e utilities. Le retrovie, pur con un ritorno di poco superiore al 20%, sono invece popolate dal settore dei consumer staples e da quello delle comunicazioni.
ETF settoriali: large cap meglio delle small nel 2021
Altro aspetto curioso è che le small cap rappresentate dal celebre Russell 2000 hanno fatto peggio di tutti i settori large cap quotati a Wall Street. Investire sempre sull'indice S&P 500 ha privato l’investitore di quasi 12 punti di performance rispetto all’indice standard a cambio aperto. La versione S&P 500 Eur hedged si ferma infatti a +23%.
Tornando al peggiore dell’anno (si fa per dire), notiamo come all’interno dell’ETF SPDR US Communication Services si trovino proprio quei big della media economy che hanno raggiunto livelli record di capitalizzazione. Sembra quasi che l’alta quota abbia frenato la spinta ascensionale dei prezzi. L’ETF è infatti composto dal 16% di Meta Facebook, il 25% di Alphabet Google, il 5% di Netflix e di Disney.
In termini di stile meglio è andata rispetto a small caps la strategia ad alto dividendo rappresentata dall’ETF Aristocrats che ha praticamente eguagliato l’indice principale. Quasi raddoppiando le quotazioni da marzo 2020, l'ETF SPDR Us Dividend Aristocrats sfida adesso la forza di gravità sollecitando per l’ennesima volta dal 2015 la parete superiore di un una trend line che unisce i massimi crescenti degli ultimi anni. E' il grafico che trovate come immagine a corredo di questo articolo. Probabile che il rialzo dei tassi rallenti una corsa che comunque non ha tenuto il passo dello S&P500. Il bull market ha raccolto nell’ultimo lustro solo il 60% contro il 110% dell’indice principale.
Come abbiamo potuto capire la diversificazione di stile finora non ha pagato e non lo ha fatto in 5 anni dove i tassi di interesse dei Treasury non hanno mai rappresentato un vero pericolo di concorrenza al dividendo. Le stesso scommesse settoriali si sono rivelate molto “ballerine” confermando ancora una volta che l’investitore di lungo periodo, a differenza del trader, dovrebbe concentrarsi sull’investire in un indice generico in grado di catturare tutte queste forze in campo sintetizzandole in una media.