Cosa è e come funziona il trilemma impossibile? In economia, quando si utilizza la locuzione “Trilemma impossibile”, “Trio inconciliabile” o “Trinità impossibile” ci si riferisce all'impossibilità che possano coesistere i tre seguenti elementi: perfetta mobilità dei capitali, regime di cambi fissi e autonomia nella politica monetaria. I governi che hanno cercato di perseguire simultaneamente tutti e tre gli obiettivi hanno sempre fallito.
Il concetto è stato sviluppato da John Marcus Fleming nel 1962 e Robert Alexander Mundell in diversi articoli tra il 1960 e il 1963. Per questo motivo viene anche chiamato “modello Mundell-Fleming”. Questo modello è un'estensione del modello IS-LM (Investment Saving - Liquidity Money), una rappresentazione sintetica del pensiero economico keynesiano, così come interpretato dalla sintesi neoclassica.
Mentre il modello IS-LM descrive l'economia sotto una condizione di autarchia, il sistema Mundell-Fleming prova a descriverlo in economia aperta. La locuzione è mutuata dall'espressione quartetto inconciliabile, definita da Tommaso Padoa-Schioppa nel 1982, che includeva anche l'elemento del libero commercio estero.
I tre elementi e casi del dilemma
Prima di comprendere le possibili casistiche è fondamentale definire meglio queste tre componenti, con alcune semplificazioni. La politica monetaria consiste nella manipolazione dei tassi di interesse o della quantità di moneta presente nell’economia, solitamente con l’obiettivo di influenzare il livello dei prezzi, l’occupazione e la crescita. La mobilità dei capitali consiste nella possibilità per i privati di trasferire fondi all’estero in cerca di profitti più alti per i propri investimenti, mentre la stabilità del tasso di cambio si definisce come la variazione nulla o minima del valore relativo della valuta domestica in un certo periodo di tempo. Vediamo i tre possibili casi.
Caso 1: perfetta mobilità dei capitali e cambi fissi
Si ponga il caso che ci siano perfetta mobilità dei capitali e regime di cambi fissi. In questo caso, non sarebbe possibile avere autonomia nella politica monetaria, perché qualsiasi modifica del tasso d'interesse interno che modificasse la parità con quello internazionale, provocherebbe un afflusso di capitali in direzione del paese con tasso d'interesse maggiore. Questo afflusso di capitali porterebbe all'apprezzamento della moneta appartenente al paese verso il quale fluiscono i capitali rispetto a quella del paese dal quale questi capitali defluiscono, modificando la parità del tasso di cambio insita in un regime di cambi fissi. La Banca centrale del paese che deve mantenere fisso il tasso di cambio dovrebbe intervenire nel mercato dei cambi, aumentando o riducendo le riserve valutarie che detiene. Questo, aumentare o diminuire la quantità di moneta in circolazione, tenderebbe a far modificare l'offerta di moneta fino al punto in cui determinerà una nuova parità tra tasso d'interesse nazionale ed estero.
Caso 2: perfetta mobilità dei capitali e autonomia della politica monetaria
Nel caso di cambi flessibili, perfetta mobilità dei capitali e autonomia della politica monetaria sarebbero tranquillamente conciliabili, per gli stessi motivi appena descritti. La variazione del tasso d'interesse porterebbe a un movimento di capitali che, a sua volta, provocherebbe una variazione del tasso di cambio. L'assenza di intervento da parte delle autorità monetarie, non obbligate a tenere fisso il tasso di cambio, lascerebbe il tasso di cambio libero di modificarsi nell'una o nell'altra direzione.
Caso 3: autonomia della politica monetaria e cambi fissi
Per ultimo caso, sarebbe possibile far convivere autonomia della politica monetaria e cambi fissi soltanto nel caso in cui non vi fosse perfetta mobilità dei capitali. Infatti, la presenza di barriere che limitassero o bloccassero l'ingresso e l'uscita di capitali eviterebbe l'incipiente movimento di capitali causato dalla presenza del differenziale tra tassi d'interesse.
Conclusioni
Dopo oltre cinquant’anni il trilemma di Mundell-Fleming continua a dimostrarsi un ottimo strumento di analisi della realtà economica, sia per comprendere eventi passati che per formulare ipotesi sul futuro. Allo stesso tempo, nuovi tentativi di risolvere il trilemma continuano ad alimentare il dibattito fra gli economisti.
Keynes sosteneva di rinunciare a capitali liberi, in modo da mantenere controlli alle frontiere per quanto riguarda i capitali e in modo da mantenere una certa autonomia nella gestione della politica monetaria. Infatti, secondo l’economista britannico non vi sono ragioni per l’adozione di politiche monetarie identiche tra paese e paese, in sostanza i tassi di interesse non si devono muovere insieme nella stessa direzione. Un paese potrebbe aumentarli e contemporaneamente un altro paese potrebbe diminuirli a seconda delle priorità di politica economica.
A partire dagli anni ‘80 la perfetta mobilità dei capitali è diventata una realtà permanente ed impossibile da modificare a causa del neo-liberismo e dell’esplosione di internet. La sfida per la politica monetaria di un governo, quindi, sta nella scelta di quali di queste opzioni perseguire e come gestirle.
In generale, la maggior parte dei paesi preferisce la libertà di una politica monetaria indipendente e consentire alla politica di guidare il flusso di capitali. In Europa si è risolto il trilemma con questo compromesso: formando l’area Euro ed utilizzando una valuta, i paesi dell’Unione hanno quindi optato per l’adozione di una moneta unica con il libero flusso di capitali.